Gioachino Rossini
(1792-1868)
Il viaggio a Reims, ossia L'albergo del giglio d'oroOssia L'albergo del giglio d'oro Dramma giocoso in 1 Atto, è andata in scena a Parigi (Théâtre - Italien) il 19 giugno del 1825
Personaggi
Corinna (Soprano), la marchesa Melibea (Contralto), la contessa di Folleville (Soprano), Madama Cortese (Soprano), il cavalier Belfiore (Tenore), il conte di Libenskof (Tenore), Lord Sidney (Basso), Don Profondo (Basso), il barone di Trombonok (Basso), Don Alvaro (Basso), Don Prudenzio (Basso), Don Luigino (Tenore), Maddalena (Soprano), Delia (Soprano), Modestina (Contralto), Antonio (Basso), Zefirino (Tenore), Gelsomino (Tenore), quattro virtuosi ambulanti (S, A, T, B); contadini, giardinieri, servi
Libretto di
Luigi Balochi
La scena si finge a Plombières nella casa de’ bagni, all’insegna del Giglio d’oro.
Atto Unico
Sala che dà adito a varie camere a destra ed a sinistra.
Una tavola in fondo a destra.
Scena prima
Maddalena, contadini, contadine. Giardiniere, servitori.
Maddalena
(al coro)
Presto, presto... su, coraggio!
Tante statue mi sembrate;
oggi è il giorno del gran viaggio,
non convien farsi aspettar.
Coro
Tutto è pronto; ma non basta,
a voi piace di gridar.
Maddalena
Qual ardire! che insolenza!
Guai se scappa la pazienza...
Coro
(ridendo)
La pazienza! ah! ah! ah!..
Maddalena
(severa)
Che vuol dire?
Coro
(ironicamente)
Oh! niente, niente.
Maddalena
Di rispetto mi mancate.
Coro
V’ingannate in verità.
Maddalena
(accostandosi alla tavola, sulla quale vi stanno le colazioni)
Queste mele prelibate
come son disposte male!
Coro
L’attenzion con lei non vale,
ha un gran gusto a brontolar.
Maddalena
(fremendo)
Insolenti!
Coro Flemma! Il sangue
al cervello può montar.
Maddalena
Oh! con me non si canzona,
e so farmi rispettar.
Coro
(da loro)
Vuol far sempre da padrona,
e si fa poi corbellar.
Scena seconda
I detti, Don Prudenzio, indi varie donne che servono ne’ bagni ed Antonio.
Don Prudenzio
Benché, grazie al mio talento,
stian già tutti meglio assai,
di partir, in tal momento,
la licenza non darei;
ma tenerli io non potrei,
ed è meglio d’abbondar.
(alle donne)
Ve l’ho detto, e vel ripeto,
oggi il bagno non si prende;
son sospese le faccende,
non si pensa che a viaggiar.
Coro
Oh! che gusto! almen potremo
oggi andare a passeggiar.
(Le inservienti de’ bagni partono.)
Don Prudenzio
Ma vediam, le colazioni
se a’ miei ordin son conformi.
Antonio
Ah! si esamini, s’informi,
tutto in regola vedrà.
Don Prudenzio
Si dispongono a partire;
ma non cal, quest’oggi ancora,
qui costretto a garantire
son la loro sanità.
Gli altri
(Oh! con questo gran dottore
stanno freschi in verità.)
(Il dottore esamina le colazioni, ch’Antonio gli va indicando.)
Scena terza
I detti, Madama Cortese
Madama Cortese
Di vaghi raggi adorno,
in ciel risplende il sole;
sarà un sì ameno giorno
propizio ai viaggiator.
Alla felice sponda
seguirli io pur vorrei;
ma il fato non seconda
i voti del mio cor.
Dottore, Maddalena,
Antonio, a me badate;
(al coro) Voi pure m’ascoltate,
e destri poi cercate
il pian di secondar.
(Tutti s’accostano.)
I forestieri presto sen vanno,
se a prender bagni qui torneranno,
nessun per ora può assicurar;
ma della casa, nella lor mente,
buona memoria convien lasciar.
Coro
Bene bene... più diligente
oggi saprassi ognun mostrar.
Madama Cortese
La contessina non ha pazienza,
rapido il fatto succeda al dir.
Coro
Rapido il fatto succeda al dir.
Madama Cortese
Allo Spagnolo, la riverenza
sì nell’entrare che nell’uscir.
Coro
Inchini entrando e nell’uscir.
Madama Cortese
Coll’antiquario, di cartapecore,
di belle femine, col cavalier.
Con Melibea, d’idee fantastiche,
col Moscovita, del vasto imper,
del Campidoglio, colla Romana,
coll’Alemanno, del contrapunto,
con foco ed arte, cogliendo il punto,
più dell’usato si parlerà.
Di cartapecore. di belle femine,
d’idee fantastiche, di contrapunto,
più dell’usato, cogliendo il punto,
non dubitate, si parlerà.
Madama Cortese
Ingegno ed arte così adoprando,
l’innato genio destri allettando,
dolce impressione si desterà:
e pari a un rapido gonfio torrente,
che tutto allaga, che tutto inonda,
del Giglio d’Oro per ogni sponda,
la nobil fama si spanderà.
Coro
Del Giglio d’Oro per ogni sponda,
la nobil fama si spanderà.
(Tutti partono, eccetto Madama Cortese.)
Scena quarta
Madama Cortese, la Contessa di Folleville, indi Modestina.
Madama Cortese
Partire io pur vorrei;
ma il mio consorte è assente e non mi lice
lasciar così... Ah! quando,
veder potrò un Sovrano,
sì giusto, sì leal, sì grande e umano?
Contessa di Folleville
(di dentro)
Modestina? Modestina? Ove sei?..
Madama Cortese
La Parigina!
Peccato! Ella è gentil, vezzosa e cara;
lo spirito e la grazia ognun ne ammira;
ma per le mode notte e dì delira.
Contessa di Folleville
(entrando in fretta)
Modestina?.. Ove sta?
Madama Cortese
Volo a cercarla. (parte)
Contessa di Folleville
Trovarsi a una gran festa e non avere
le cose più alla moda,
e più fresche e più belle!..
Qual disonore, oh stelle! Ah! più non reggo...
[L’incertezza m’uccide...
e il cavalier Belfiore,
che, in sì critico istante, a me dovria
porger conforto, qui non è... L’ingrato
forse sta vagheggiando qualche bella...
Chi sì volubil mai l’avria creduto?
Ah! il far per compiacenza
ritratti in miniatura
certo è un pretesto... E se per or sto zitta,
pur medito vendetta, e tal sarà
che tutti i farfallin tremar farà.]
Modestina
(marcando lentamente)
Signora, che comanda?
Contessa di Folleville
(impazientendosi)
Un po’ più adagio.
Modestina
Ho la micrania.
Contessa di Folleville
Ognora
voi mi fate morire d’impazienza.
La risposta è venuta?
Modestina
Non ancora.
Contessa di Folleville
A chi desti la lettera?
Modestina
Al vostro bel cugino,
che disse aver un’occasion sicura.
Contessa di Folleville
Corri... qual disappunto!
Digli che qui l’aspetto...
Modestina
Ei giunge appunto.
(parte lentamente)
Scena quinta
La Contessa, don Luigino
Don Luigino
Amabil Contessina,
v’armate di coraggio...
Contessa di Folleville
E perché mai?
Don Luigino
Fatal caso impensato...
Contessa di Folleville
E qual?
Don Luigino
La diligenza ha ribaltato.
Contessa di Folleville
Ahimé!..
Don Luigino
Gli effetti fragili...
Le cassette... Le scatole...
Contessa di Folleville
Ah tacete!
Tutto comprendo... O ciel! Io manco... io moro...
(si sviene)
Don Luigino
Si sviene!..
(verso le quinte) Olà! accorrete!
Presto, presto... Soccorso a lei porgete.
Scena sesta
I detti, Il Barone di Trombonok, Maddalena, Antonio, con servi, indi Don Prudenzio.
Maddalena
Che accadde?
Barone di Trombonok
(dopo averla guardata)
Oh! come è bianca!
Morta ognun la diria...
Di macchinetta sì genti, che mai
ha potuto sconvolger l’armonia?
Don Luigino
(al Barone)
Si è svenuta...
Barone di Trombonok
(cavando di tasca una boccetta)
Spruzzatele il bel volto;
è questa un’acqua pura, genuina,
ch’in persona io comprai dal gran Farina.
Fregatele la tempia.
(Maddalena prende la boccetta e s’accosta alla Contessa.)
Don Prudenzio
(accorrendo)Olà! che fate?
Tocca a me sol; profani, vi scostate!
(Tutti si scostano; il medico guarda la Contessa, le tasta il polso, indi esclama:)
Ahimè! sta in gran pericolo...
(Don Luigino parla all’orecchio del Barone.)
Volate dal speziale,
sal volatil chiedete, ed un cordiale.
(Parte un servo.)
Barone di Trombonok (ai servi)
Aceto ed acqua fresca.
(Parte un altro servo.)
Don Prudenzio
Son sospese
le funzioni vitali...
Don LuiginoNon sapete
quello che dite...
Don Prudenzio
Come!..
La sistole... la diastole...
Don Luigino
Andate al diavolo.
Don Prudenzio
Il polso ascende già...
Barone di Trombonok
Vediam...
(tasta il polso alla Contessa)
(Che bestia insigne!)
Don Prudenzio
Morirà!
Contessa di Folleville
(alzandosi rapidamente)
Che sento!.. Dove son?.. Sogno o son desta?
Barone di Trombonok
(al medico burlandolo)
Morirà!..
Don Prudenzio
Fu una sincope...
Barone di Trombonok
(ridendo)
La sincope, sì sì, fa molto effetto:
Mozart, Haydn, Beethoven, Bach ne trassero
un gran partito.
(Don Prudenzio si accosta di nuovo per tastar il polso alla Contessa.)
Don Prudenzio
Vediamo adesso il polso...
Contessa di Folleville
Non toccate,
augel di mal augurio, vi scostate.
(Don Prudenzio si ritira.)
Don Luigino
(alla Contessa)
Deh! calmatevi, o cara.
Barone di Trombonok
(alla medesima)Cos’avete?
Contessa di Folleville
Il mio male capir voi non potete.
Partir, o ciel! desio,
e più partir non lice,
lo vieta l’onor mio,
la patria il vieta ancor.
Come spiegare, oh Dio!
il duol ch’io sento in cor?
Donne, voi sol comprendere
potete il mio dolor:
più fieri amari spasimi
non ho provato ancor.
Tutti gli altri
Signora, vi calmate!
Deh! cessi il rio martor.
Scena settima
I detti, Modestina, che arriva con uno scatolone, in cui v’è un bel cappellino alla moda giunto da Parigi
Contessa di Folleville
(dopo aver guardato)
Che miro! ah qual sorpresa!
Agli occhi io credo appena;
(contemplando il cappellino)
Caro! dal reo naufragio
tu ti salvasti almen,
e freni in parte i palpiti
dell’affannoso sen.
Grazie vi rendo, o Dei!
che udiste i voti miei;
a tal favor quest’anima
ben grata ognor sarà.
Gli altri
La barbara sua pena
calmando omai si va.
(E’ comica la scena,
e ridere ci fa.)
(Tutti partono, eccetto il Barone.)
Scena ottava
Il Barone, Antonio
Barone di Trombonok
(ad Antonio, trattenendolo)
Eh! senti, mastro Antonio...
Antonio
Che comanda?
Barone di Trombonok
Sai che partiam sta sera
per Reims; tua cura sia
di far porre sul ciel delle carrozze
vestiti e biancheria:
se ci vuol qualche spesa, falla ed io,
ch’eletto a pieni voti per cassiere
fui dall’illustre amabil compagnia,
pagherò l’occorrente;
intendi?
Antonio
Sì signor, non pensi a niete.
(parte)
Barone di Trombonok
Quando rifletto a quello svenimiento,
mi vien proprio da ridere...
La cagion delle smanie
indovinar chi mai potuto avria?
Ma ognuno al mondo ha un ramo di pazzia.
Sì, di matti una gran gabbia
ben si può chiamar il mondo;
forse appunto, perché tondo,
testa quadra non vi sta.
Scena nona
Il detto, Don Profondo, Don Alvaro con Melibea
Don Profondo
(arrivando)
La mia quota a voi consegno,
perdonate, se ho tardato;
(dà del danaro al Barone, che lo mette in una gran borsa)
A vedere io sono andato
una rara antichità.
Don Alvaro
(entrando con Melibea)
Questa vaga e ambail dama,
miei signori, io vi presento;
far il viaggio con noi brama,
e ognun pago ne sarà.
Melibea
Con sì dotta e nobil gente,
di fanal che serve al mondo,
il viaggiar mi fia giocondo,
e gran bene mi farà.
Scena decima
I detti, il Conte di Libenskof
Conte di Libenskof
(indietro, da sé, dopo aver sentito l’ultime parole di Melibea)
(Donna ingrata, a stento in petto
freno il giusto mio furore;
per lei fido avvampa il core
e il mio ardor sprezzando va.)
Don Alvaro
(vedendo Libenskof, e da sé)
Il rival!
Melibea
(da sé)
Negli occhi ha il foco.
Conte di Libenskof
(avanzandosi)
Non si parte?
Barone di Trombonok Sì, fra poco;
i cavalli sol si attendono;
(vedendo Madama Cortese)
Se il corriere è ritornato,
da Madama or si saprà.
Scena undicesima
I detti e Madama Cortese
Madama Cortese
Naturale è l’impazienza,
il ritardo non comprendo;
vado, torno, salgo e scendo,
e tranquillo il cor non è.
(Pendente il solo, il Conte di Libenskof parla con vivacità a Melibea, mostrando gelosia.)
Conte di Libenskof
Mi tradite...
Melibea Qual favella?
Conte di Libenskof
(con rabbia concentrata)
Don Alvar...
Melibea
Che dir volete?
Conte di Libenskof
Donna infida, invan fingete;
il rival cadrà al mio piè.
Melibea
Cieco ardor v’abbaglia il ciglio...
Conte di Libenskof
(accostandosi a don Alvaro, e con fierezza)
Don Alvar...
Don Alvaro
(fiero)
Che pretendete?
Conte di Libenskof
Mi seguite...
Melibea
(trattenendoli)
Ah! non partite...
Troppo ingiusto è un tal furore.
Madama Cortese
Qual dispetto! qual furore!
Melibea
D’ira avvampa il fero ciglio...
Un sì barbaro periglio
mi fa l’alma palpitar.
Conte di Libenskof e Don Alvaro
Non pavento alcun periglio...
D’ira avvampa in seno il core;
e il tremendo mio furore
no, non posso più frenar.
Barone di Trombonok e Don Profondo
(Bella cosa è in ver l’amore!
Ci fa perdere il cervello,
l’uom più savio un bambinello
suole a un tratto diventar.)
(S’ode un preludio d’arpa nella camera di Corinna, tutti restano immobili ad ascoltare. Dopo il preludio, la sudetta canta le seguenti strofe.)
Corinna
Arpa gentil, che fida
compagna ognor mi sei,
unisci ai canti miei
il suon di gioia e amor.
Nell’infiammata mente
si affollano le idee;
delle castalie dee
il foco io sento in cor.
Arpa, deh! unisci al canto
il suon di gioia e amor.
Gli altri
Qual delizioso incanto
si spande nel mio cor!
Un più soave canto
no, non s’udì finor.
Corinna (di dentro)
Svaniro i nembi; intorno
regna la dolce calma;
di lieti giorni l’alma
prevede il bel fuglor.
Che un dì rinasca, io spero,
dell’aurea età l’albore;
che degli umani in core
regni fraterno amor.
Gli altri
Sempre agli umani in core
regni fraterno amor.
Corinna
Contro i fedeli ancora
lotta falcata luna,
ma al sacro ardir fortuna
propizia ognor sarà.
Come sul Tebbro e a Solima,
foriera di vittoria,
simbol di pace e gloria
la Croce splenderà.
Gli altri
Simbol di pace e gloria
la Croce splenderà.
Tutti eccetto Corinna
A tali accenti, in seno
riede la dolce calma;
d’idee ridenti, l’alma
pascendo or sol si va.
Gli opachi nembi intorno
pietoso il ciel disgombra,
del sacro ulivo all’ombra,
felice ognun sarà.
(Tutti partono, eccetto Madama Cortese.)
Scena dodicesima
Madama Cortese, indi Lord Sidney ch’entra coll’aria preoccupata; poi varie contadine, le quali recano de’ vasi di fiori
e li pongono presso la camera di Corinna
Madama Cortese
Zefirin non ritorna... del ritardo
qual fia mai la cagion? - Milord s’appressa.
Che original! Corinna adora, e a lei
spiegar non sa l’ardore,
che da gran tempo gli divampa in core.
Ella pur l’ama, accorta me ne sono:
noi donne, in tal materia,
ben chiaro ci vediamo,
nato appena l’amor, scoprir sappiamo.
(parte)
Lord Sidney
Ah! perché la conobbi?
Perché appena lo stral ferimmi il petto,
non fuggir, non lasciarla? Incauto, ahi! lasso!
La fiamma alimentai ch’ognor più viva
or mi divampa in sen; non trovo pace,
e, in preda al mio deliro,
la notte e il dì, d’amor gemo e sospiro.
Invan strappar dal core
l’acuto dardo io tento;
più vivo ognor l’ardore
nel sen crescendo va.
Dell’anima fedele
timido i voti ascondo;
affanno più crudele
del mio no non si dà.
(Entrano varie contadine con de’ vasi di fiori e cantano il seguente coro.)
Coro
Come dal cielo, - sul primo albor,
dolce rugiada - scende sui fior,
e al verde stelo - serba il vigor;
sull’alma donna, dal nobil cor,
così ridente - si spanda ognor
del Dio clemente - il bel favor.
Lord Sidney
Soavi e teneri - eletti fior,
siate gli interpreti - d’un puro amor.
Coro
Donna più amabile - chi vide ancor?
Accoppia al merito - grazia e pudor.
Lord Sidney
Dell’alma diva - al primo aspetto,
chi ha il cor capace - d’un puro affetto,
rapido sente - nascer l’ardor.
Fida e dolente, - quest’alma ognora
per lei d’amore - palpiterà.
Coro
Donna più amabile - chi vide ancora?
Accoppia al merito - grazia e beltà.
(Il coro parte.)
Scena tredicesima
Lord Sidney, Don Profondo
Don Profondo
(a Lord Sidney, trattenendolo)
Milord, una parola...
Lord Sidney
(serio)
Che bramate?
Don Profondo
Britannico signor è sol capace
d’appagar i miei voti...
Lord Sidney
Che v’occorre?
Don Profondo
Ho bisogno d’aver certe notizie...
Lord Sidney
Non sono un gazzetier...
Don Profondo
Mi spiego...
Lord Sidney
(come sopra)
Presto...
Don Profondo
Vorrei che m’indicaste
ove trovar potrei
il brando di Fingallo, la corazza
d’Artur, l’arpa d’Alfred...
Lord Sidney
(partendo)
(E’ matto!)
Don Profondo
(seguendolo)
Ebbene?
Voi non mi rispondete?
Lord Sidney
Ne’ musei
cercar convien; di più dir non saprei.
(parte)
Don Profondo
Non è troppo gentil; ma il compatisco;
è innamorato della poetessa,
e perduta ha la speme... Ella s’appressa;
a lei appunto io deggio
comunicar la lettera di Roma.
Scena quattordicesima
Il detto, Corinna, Delia
Don Profondo
Buon giorno, illustre amica!
Corinna
(salutandolo)
Quai notizie?
Don Profondo
Leggete questa lettera.
(Mentre Corinna legge la lettera, Don Profondo dice a Delia:)
Consolatevi, o Delia;
le cose vanno bene...
Delia
Davver?
Don ProfondoVe l’assicuro.
Corinna
(rende la lettera a Don Profondo)
Vi ringrazio.
Quando si parte?
Don Profondo
Presto; vo a vedere,
e l’ora poi io vi farò sapere.
(parte)
Corinna
(a Delia)
Son felici le nuove, e presto, io spero
del sacro Legno all’ombra protettrice,
la vostra patria alfin sarà felice.
Delia
Il ciel lo voglia!
Corinna
In ordine mettete
quel che occorre, ed a Reims meco verrete.
(Delia parte.)
(esaminando i fiori)
Che vaghi ameni fior! son di Milord
il giornaliero don, pegno d’amore,
ch’egli timido ognor preme nel core.
(Corinna stacca un fiore, e lo pone in petto.)
Scena quindicesima
Corinna, il Cavaliere
Cavalier Belfiore
(in fondo alla scena e da sé)
Sola ritrovo alfin la bella Dea,
che invincibil si crede, e a cui più volte
ho già fatto l’occhietto... Ce n’andiamo...
L’occasion può mancar, ed or fa d’uopo
darle l’ultimo assalto; al par dell’altre,
cadrà ne’ lacci miei,
senza rischio scommetter lo potrei.
(accostandosi con aria gentile e modesta)
O voi, d’Apollo prediletta figlia,
perdonate, se ardisco
il bel coro turbare
de’ sublimi pensieri...
Corinna
(attonita)
Qual favella!
Cavalier Belfiore
Una grazia implorar da voi vorrei...
Corinna
(come sopra)
Una grazia! Da me!..
Cavalier BelfioreSì, a voi, che siete
savia al pari che bella,
fidar posso l’arcano del mio core.
Corinna
(con maggior sorpresa)
Un arcan! Ma perché?..
Cavalier Belfiore
(con intenzione marcata)
Ascoso e vivo ardore
mi divampa nel seno, e al vago oggetto
timido ascondo il mio fervido affetto.
Corinna (come sopra)
Scusate... Io non comprendo...
Perché meco...
Cavalier Belfiore
Mi spiego... Sotto il velo
de’ sacri carmi, io voglio
il segreto svelar: ma sì novizio
son nel linguaggio degli Dei, che a voi
consiglio e aita io chiedo. Ah! sì, sentite,
ed il vostro parer franca mi dite.
Nel suo divin sembiante
tanta beltà risplende,
che in seno a un tratto accende
il più vivace ardor.
Corinna
Ah! Dove mai s’asconde
sì raro e bel portento?
Vinta nel gran cimento,
avria la Dea d’amor.
Cavalier Belfiore
(con intenzione marcata)
Ma un nume sol saria
degno d’un tal tesoro...
E disperato io moro
d’affanno e di dolor.
(cade a un tratto in ginocchio davanti a Corinna)
(Nello stesso tempo, Don Profondo entra dal mezzo in fondo e vede la scena; ma si ritira sorridendo, ed osserva d’intanto intanto.)
Corinna
Che fate? Ah! qual deliro!
Cavalier Belfiore
Regger non posso oh Dio!
Voi siete l’idol mio...
Per voi smanio e sospiro,
e se pietà negate,
io qui voglio morir.
Corinna
Così insultarmi osate?
Qual insensato ardir? (Il Cavalier s’alza.)
Cavalier Belfiore
Un tal eccesso è pegno
del più vivace amor.
Corinna
Un tal eccesso è indegno
d’un cavalier d’onor.
Cavalier Belfiore
Dunque non v’è speranza?
Corinna
Partite, o chiamo gente...
Cavalier Belfiore
Martire di costanza,
io l’alma esalerò.
Corinna
Partite, o la arroganza
punire io ben saprò.
Oh! quanto ingannasi - chi così crede
trovar la via - del nostro cor!
Il vivo affetto, - la pura fede
da noi sol meritano - stima ed amor.
Sprezzo e dispetto - destano in petto
questi galanti - insidiator.
Oh! quanto ingannasi - chi così crede
trovar la via - del nostro cor!
Cavalier Belfiore
(Finto è il rigore, - lo so per prova;
così far sogliono - le belle ognor.
Tal resistenza - no, non è nuova,
l’uso la chiede, - ed il decor.
Oggi combattono, - dimani cedono,
e salvar credono - il loro onor.
Finto è il rigore, - lo so per prova;
così far sogliono - le belle ognor.)
(partono)
Scena quindicesima [bis]
Don Profondo. Due servi portano una tavola, sulla quale v’è carta, penne, ecc
Don Profondo
(ch’entra ridendo)
Bravo il Signor Ganimede!
Se la Contessa il sa, gli cava gli occhi.
Ma tempo non perdiamo; del Barone
or qui deggio eseguir la commissione.
Degli effetti facciam presto la lista,
onde tutto sia all’ordine ed in vista.
(siede davanti alla sudetta tavola)
(parlante)
Io!
(in musica)
Medaglie incomparabili,
camei rari, impagabili,
figli di tenebrosa,
sublime antichita.
In aurea carta pecora
dell’academie i titoli,
onde son membro nobile
di prima qualità.
Il gran trattato inedito
sull’infallibil metodo
di saper ben distinguere,
a prima vista ognor
l’antico del moderno,
di fuori e nell’interno,
ne’ maschi, nelle femine,
e in altri oggetti ancor.
Lo spagnolo!
Gran piante genealogiche
degli avoli e bisavoli,
colle notizie storiche
di quel che ognuno fu.
Diplomi, stemmi e croci,
nastri, collane ed ordini,
e, grosse come noci
sei perle del Perù.
La polacca!
L’opere più squisite
d’autori prelibati,
che vanto sono e gloria
della moderna età.
Disegni colorati
dell’alto Pic terribile
d’Harold, Malcolm e Ipsiboe
il bel profil qui sta.
La francese!
Scatole e scatoline,
con scrigni e cassettine,
che i bei tesor nascondono
sacri alla Dea d’amor.
«Badate: è roba fragile!»
qui chiuso, già indovino,
sta il nuovo cappellino,
con penne, merli e fior.
Il tedesco!
Dissertazione classica
sui nuovi effetti armonici,
onde i portenti anfionici
ridesteran stupor.
De’ primi Orfei teutonici
le rare produzioni,
di corni e di tromboni
modelli ignoti ancor.
L’inglese!
Viaggi d’intorno al globo,
trattati di marina;
oriundo della China
sottil perlato thè.
Oppio e pistole a vento,
cambiali con molt’oro
i bill, ch’il parlamento
tre volte legger fe’.
Il francese!
Varie del Franco Orazio,
litografie squisite,
pennelli con matite,
conchiglie coi color.
«Son cose sacre.» Ah! intendo...
Ritratti e bigliettini,
con molti ricordini
de’ suoi felici amor.
Il russo!
Notizia tipografica
di tutta la Siberia,
con carta geografica
dell’Ottomano imper.
Di zibellini e martore
preziosa collezione,
con penne di cappone
pe’ caschi, e pe’ cimier.
(si alza)
Sta tutto all’ordine, - non v’è che dire;
né più a partire - si può tardar.
Or l’inviato - certo è tornato;
de’ snelli e rapidi - destrier frementi
già parmi udire - lo scalpitar.
Sferze e cornette - percoton l’aere,
le bestie struggonsi - di galoppar.
Il gran momento - è omai vicino;
più bel destino - no non si dà,
e il cor dal giubilo - balzando va.
Scena sedicesima
Don Profondo, la Contessa
Contessa di Folleville
(trattenendo don Profondo)
Vedeste il cavaliere?
Don Profondo
Il cavalier!.. (Che imbroglio!)
Ei qui poc’anzi...
Contessa di Folleville
Solo?
Don Profondo
Non... in compagnia...
Contessa di Folleville
Di chi?
Don ProfondoDirò...
Contessa di FollevilleParlate.
Don Profondo
(I sapienti non denno dir bugie.)
Contessa di Folleville
Rispondete, vi prego...
Don Profondo
(Non vorrei compromettermi.)
Contessa di Folleville
Ebben!
Don Profondo
Signora mia...
Ei qui prendea lezion di poesia.
Contessa di Folleville
(furente)
Ho capito... (Che rabbia! A quel che pare,
ei fa il galante colla poetessa;
ma a suo tempo mi voglio vendicare.)
Scena diciassettesima
I detti, Don Alvaro, Libenskof, indi il Barone
Don Alvaro
Amici, che si fa?
Si parla di partir, e si sta qua.
Don Profondo
Tutto è all’ordin.
Conte di Libenskof
Va bene; ma i cavalli?
Don Profondo
Saran certo arrivati.
Don Alvaro
Se fosse ver, ci avrebbero avvisati.
Barone di Trombonok
(entrando rapidamente, con aria trista)
Ah! miei signor!..
Don Profondo
Che avete?
Barone di Trombonok
Di parlar non ho core...
Don Alvaro
Cos’avvenne?
Barone di Trombonok
Una disgrazia orribile!
Contessa di Folleville
Ch’è stato?
Don Alvaro
Incendio?
Don Profondo
Ladri? Morte?
Barone di Trombonok
O sventura fatale! o amara sorte!
Conte di Libenskof
Ma parlate...
Barone di Trombonok
Il corriere...
Don Alvaro
E’ arrivato.
Barone di Trombonok
Ah! pur troppo.
Contessa di Folleville
Spiegatevi.
Barone di Trombonok
Ei s’appressa.
(ad un servo)
Chiamate i viaggiatori.
Don Profondo
(verso le quinte)
Amici, olà?
Barone di Trombonok
Che barbaro accidente!
Dir vorrei... Ma non posso...
Scena diciottesima
I detti, Melibea, Corinna, il Cavaliere, Delia, Lord Sidney, Prudenzio, Modestina,indi Zefirino
Barone di Trombonok
Ah! Melibea!
Milord, Corinna! o ciel! che brutto affare!
(vedendo Zefirino)
Ma vien chi tutto a voi saprà spiegare.
Zefirino
Miei signor non v’e scampo... Mio malgrado,
io vengo a darvi una fatal notizia.
Secondo gli ordin vostri,
rapido, diligente,
di qua, di là ho cercato;
ma vane fur le cure; da gran tempo,
è tutto ritenuto e riservato;
non si trova un cavallo
da comprar o affittare,
e ognun di voi al nobile progetto
di rinunciar pur troppo or fia costretto.
Tutti
Ah! A tal colpo inaspettato,
palpitando va il mio core...
Cruda sorte! Il tuo rigore
troppo, oh Dio! penar mi fa.
Barone di Trombonok e Don Profondo
A tal colpo inaspettato
io mancar mi sento il core...
O crudel avverso fato!
non hai legge, né pietà.
Modestina e Zefirino
Questo colpo inaspettato
li ricolma di dolore;
il crudel avverso fato
non ha legge né pietà.
Scena diciannovesima
I detti, Madama Cortese
Madama Cortese
(accorrendo con una lettera in mano)
Signori, ecco una lettera,
venuta da Parigi;
Prendete, sì leggete,
conforto vi darà.
Gli altri (a Don Profondo)
Prendete, sì leggete,
conforto ci darà.
(Don Profondo prende la lettera e legge.)
«A giorni il Re ritorna
gran feste si daranno,
rapidi qui verranno
stranieri in quantità.
Da quello che preparasi
a corte ed in città,
ben si può giudicare
che festa si farà;
Spettacol più giocondo,
mai visto si sarà;
chi a Reims non potè andare
qui si consolerà.
T’abbraccio, o mia dolcissima
amabile metà.»
(Gli altri personaggi ripetono alternativamente le frasi della lettera.)
Contessa di Folleville
Amici, ah! non tardiamo;
Parigi è la mia patria;
là v’offro alloggio e tavola,
e quanto occorrerà.
Tutti
Partiamo. - Ah! sì, il desio,
che ci divampa in seno,
in parte pago almeno
alfine si vedrà.
Tra dolci e cari palpiti,
or torno a respirar;
farà un vivace giubilo
quest’anima brillar.
Destino maledetto,
non ce la puoi ficcare,
e tutti, a tu dispetto,
andiamo a giubilar.
Madama Cortese
Destino maledetto,
Zefirino
Non gliela puoi ficcare,
e tutti, a tuo dispetto
andranno a giubilar.
Barone di Trombonok
Come partire?
Contessa di Folleville
Nella diligenza,
che da Parigi vien regolarmente
ogni dì nei contorni.
Barone di Trombonok
Ella ha ragione.
Cavalier Belfiore
Dunque dimani?
Contessa di Folleville
Certo.
Barone di Trombonok
E questa borsa?
Don Profondo
S’ordini per stasera un bel convito,
publico sia l’invito.
Barone di Trombonok
E quel che resterà?
Cavalier Belfiore Per gl’indigenti.
Barone di Trombonok
E’ ognun d’accordi?
Tutti
Sì.
Barone di Trombonok
(a Madama Cortese)
A voi Madama affido
la cura degli inviti.
Madama Cortese
Oh! è domenica appunto,
e tutti ci verran con gran piacere.
Don Profondo
Una cena squisita.
Madama Cortese
Non mancan provisioni.
(verso le quinte)
Ehi, mastro Antonio!
Scena ventesima
I detti, Antonio, Gelsomino
Antonio
Son qua, cosa comanda?
Madama Cortese
Una cena, una festa nel giardino,
e il più presto possibile.
Antonio
Ho capito, non dubiti,
qui avvezzi siamo ai colpi inaspettati,
e tutti resteran maravigliati.
Gelsomino
Madama, lo sapete,
già per l’anniversario del ritorno
dell’augusta famiglia
ch’ogni anno celebriamo, qui son pronte
le cose principali;
servir ce ne potremo.
Madama Cortese
A meraviglia.
Tua cura, o Gelsomino,
sia di suonar intorno il tamburino.
(Antonio e Gelsomino partono.)
Contessa di Folleville
E dimani, a Parigi,
la capital del mondo.
Cavalier Belfiore
D’ogni piacer l’asilo il più giocondo.
(Tutti partono, eccetto Melibea, Libenskof ed il Barone.)
Scena ventunesima
Melibea, Libenskof ed il Barone
Barone di Trombonok
Tutto va ben; ma come a entrambi è noto,
fervido amico ognor dell’armonia,
vorrei vedervi in pace; un lieve nembo
sol ne turbò il sereno; voi vi amate,
e l’un per l’altro fatti mi sembrate.
Conte di Libenskof
(al Barone con amarezza)
Ella per Don Alvaro...
Melibea
(troncandogli la parola)
Il torbi’occhio della Gelosia,
d’Erebo ignobil figlia, solo puote
traveder a tal segno.
Barone di Trombonok
Oh! non v’è dubbio.
Conte di Libenskof
Eppur poc’anzi...
Barone di Trombonok
Amico, a me credete,
siete in error, perdono le chiedete.
(parte sorridendo)
Scena ventiduesima
Melibea, Libenskof
Conte di Libenskof
Di che son reo?
Melibea
D’un vil sospetto.
Conte di Libenskof
Ah! no...
Un eccesso d’amore
sol colpevol mi rese.
Melibea
D’alma grande
apprezzar tu non sai
il sacro e vivo ardor.
Conte di Libenskof
Ma l’apparenza...
Melibea
Nube tenebrosa,
del ver celando il volto risplendente,
d’opaco orror ingombra ognor la mente.
Conte di Libenskof
Qual sublime parlar! confuso io sono...
Eccomi ai vostri piè... Pietà! perdono.
D’alma celeste, oh Dio!
ch’arde di pura face,
turbar osai la pace
con insensato ardor.
Melibea
D’un puro amor verace,
l’indol t’è ignota ancora;
d’infedeltà capace
sol è un profano cor.
Conte di Libenskof
Pentito io son.
Melibea
Che speri?
Conte di Libenskof
Rendimi il cor.
Melibea
Tu osasti...
Conte di Libenskof
Il barbaro mio stato
ti desti almen pietà.
Melibea
Al pentimento, o ingrato!
credere il cor non sa.
Conte di Libenskof
(Qual barbaro rigore!
Dubbioso e incerto io resto...
Di speme e di timore
palpita in seno il cor.)
Melibea
(Il mio crudel rigore
dubbioso e incerto il rende;
di speme e di timore
palpita in seno il cor!
Già cessa il mio rigore,
per lui mi parla amor.)
Ah! regger non poss’io,
ecco la desta e il cor.
Conte di Libenskof
O gioia incomparabile!
O fortunato ardor!
Melibea e Conte di Libenskof
Ah! no, giammai quest’anima,
più cari e dolci palpiti
non ha provato ancor.
(partono)
Giardino illuminato, con tavola imbandita.
Scena ventitreesima
Antonio, Gelsomino, vari servi
Antonio
(mettendo I nomi sulle salviette)
Tutto è all’ordin. - Va’, corri, Gelsomino,
a dire a quei signor che son serviti;
ma pria ci vuol la riverenza, intendi?
Gelsomino
E per chi mai mi prendi?
Ho servito de’ principi,
de’ conti, de’ baroni,
altezze ed eccellenze in quantità,
e so d’ogn’altro al par quel che si fa. (parte)
Antonio
Oh! guarda che amor proprio!
Ma son tutti così;
soglion vantarsi assai,
e se a lor vi fidate,
in grand’impiccio spesso vi trovate.
Scena ventiquattresima
Antonio, Maddalena
Maddalena
Madama qui mi manda
per sapere da voi se tutto è pronto.
Antonio
Nulla manca, guardate...
Gelsomino ho spedito
ad avvertir la nobil compagnia.
Maddalena
Ma bravo mastr’Antonio
Far sì presto e si bene!
E’ un miracolo davvero.
Antonio Mille grazie.
Maddalena
Qui certo ancor veduta
non si sarà più bella festa.
Antonio
E’ vero.
Maddalena
Ma non sapete un’altra novità.
Antonio
Che cosa?
Maddalena
Nei contorni,
per caso di passaggio
v’è una truppa ambulante, ed il Barone
gran professore, dilettante insigne,
a dare qui un concerto l’ha invitata,
pendente il bel festino.
Antonio
Ottima idea!
Maddalena
Canteran, balleranno.
Antonio
(con stupore ed allegria)
Balleranno?
Maddalena
Sì, v’è un corpo di ballo.
Antonio Tanto meglio;
il ballo è sempre stata
la mia passione, e adesso ancor...
(fa dei moti colle gambe e vacilla)
Maddalena
(sostenendolo)
Badate:
Vo ad avvertir Madama, qui aspettate.
(parte)
Antonio
Presto verrà la bella comitiva.
(guardando fra le quinte)
Ma non m’inganno, no, ecco che arriva.
Scena venticinquesima
Sul ritornello entra la truppa ambulante, composta di virtuosi di canto e di ballerini; i contadini, le contadine, le giardiniere;
indi tutti i personaggi che siedono a tavola; Maddalena, Zefirino
Coro
L’allegria è un sommo bene,
ond’a noi fe’ dono il cielo;
sani e freschi ci mantiene
nel bel grembo del piacer.
Cinti ognor d’ameni fiori,
fra le danze, il riso e il gioco,
colle grazie e cogli amori
non pensiamo che a goder.
Presto imbianca il nero crine,
qual balen fugge la vita,
e a non perdere c’invita
un istante di piacer.
Barone di Trombonok
Ora secondo l’uso,
i brindisi facciamo. - Ecco la lista
che di far m’imponeste
con decente simmetrica armonia,
e spero che ad ognun ben grata sia.
(legge la nota)
Inno tedesco. - Tocca a me;
ma indulgenza vi chiedo; fra i cavalli,
le bombe ed i cannoni
io la metà lasciai de’ miei polmoni.
(Inno tedesco)
Or che regna fra le genti
la più placida armonia,
dell’Europa sempre fia
il destin felice appien.
Viva, via l’armonia
ch’è sorgente d’ogni ben.
Coro
Viva, via l’armonia
ch’è sorgente d’ogni ben.
Barone di Trombonok
Altro da dir avrei; ma sono stracco;
(a Melibea)
A voi, bella Marchesa, in stil polacco.
(Polacca)
Melibea
Ai prodi guerrieri
seguaci di gloria,
di cui la vittoria
compagna fu ognor,
ch’ovunque risplendere
fer l’alto valor,
che pronti ognor sono
col brando a difendere
la patria ed il trono,
la fede e l’onor.
Coro
Che pronti ognor sono
col brando a difendere
la patria ed il trono,
la fede e l’onor.
Barone di Trombonok
Libenskof, tocca a voi,
un’aria russa, ad libitum;
ven’ sono delle belle...
Conte di Libenskof
Una ne so a memoria
che udii cantar un giorno,
mentre il monarca a noi facea ritorno.
(Inno Russo)
Onore, gloria ed alto omaggio
d’Augusta donna al nobil cor,
ch’il più magnanimo coraggio
del fato oppose al reo furor.
Degli infelici al duolo, al pianto
ella sollievo offrendo va;
e i più bei vanti, in regio ammanto,
brilla sul trono un di farà.
Coro
E i più bei vanti, in regio ammanto,
brilla sul trono un di farà.
Barone di Trombonok
(a Don Alvaro)
Dal nord al mezzogiorno
bella è la transizion. Voi possedete
una sonora voce, e dell’Iberia
gustar i dolci canti or ci farete.
(Canzone Spagnola)
Don Alvaro
Omaggio all’augusto duce,
che d’alma sovrana luce
l’Iberia fe’ balenar.
Ei spense il civil furore
del soglio salvò l’onore,
da tutti si vide amar.
O grande invidiabil gloria!
Ah! dove di tal vittoria
l’esempio mai ritrovar?
Coro
Ah! dove di tal vittoria
l’esempio mai ritrovar?
Barone di Trombonok
(a Lord Sidney)
Milord, in tuon maggiore...
Lord Sidney
Io musico non sono;
non so che una canzone.
Barone di Trombonok
«God save the King?»
Lord Sidney
Appunto.
Barone di Trombonok
Va benone.
(Canzone inglese)
Lord Sidney
Del Grand’Enrico
il germe amato
proteggi o ciel!
Propizio il fato
ai voti sia
del fortunato
popol fedel.
Coro
Del fortunato
popol fedel.
Barone di Trombonok
Contessa, Cavaliere, a voi la scelta
lascia dell’aria; ma prescrivo il tuono;
in do; no, no, in UT. (Che bestia! obblio
che a due Galli indirizzo il parlar mio.)
(Canzone francese)
Contessa di Folleville e Cavalier Belfiore
Madre del nuovo Enrico,
dei Franchi speme e onor
ti colmi il cielo amico
degli almi suoi favor.
Di rari pregi splendi,
d’età sul fior,
e in ogni petto accendi
rispetto e amor.
Coro
E in ogni petto accendi
rispetto e amor.
Barone di Trombonok
Madama, Don Profondo,
voi terminar dovete,
in elafà coll’aria che volete.
(Tirolese)
Madama Cortese
Più vivace e più fecondo
l’aureo giglio omai risplende,
e felice ognuno rende
col benefico fulgor.
sacra pianta al ciel diletta,
che fedel la patria onora,
tu sarai de’ Franchi ognora
la speranza e il dolce amor.
Don Profondo
Un sì giocondo
ameno giorno
la gioia intorno
sol fa regnar.
Che lieta sorte!
Che bel contento!
In petto io sento
il cor balzar.
Barone di Trombonok
Corinna, or spetta a voi; così compita
sarà la festa.
Gli altri
Ah! sì.
Lord Sidney (a Corinna)
Come trovar un’occasion più bella
di far sentir i vostri dolci accenti?
Gli altri
E’ ver.
Corinna
Grande è il cimento,
e temo...
Don ProfondoDi che mai?
Madama Cortese
Che amabile modestia!
Melibea
Ah! non tardate
ad appagar i nostri voti.
Corinna
Io cedo.
Il soggetto scegliete
e di farmi avvertir poi degnerete.
(si ritira)
(Tutti s’alzano da tavola. Un servo porta un’urna; Don Profondo distribuisce carta e lapis ai diversi personaggi, i quali scrivono il soggetto e rimettono la cartolina al sudetto, che la legge ad alta voce e pone dopo nell’urna.)
Melibea
Giovanna D’Arco.
Madama Cortese
Il Cittadino di Reims.
Cavalier Belfiore
Carlo X Re di Francia.
Conte di Libenskof
La battaglia di Tolbiac.
Don Profondo
Clodoveo.
Don Alvaro
Le tre stirpi reali di Francia.
Don Prudenzio
David e Samuele.
Barone di Trombonok
Il Crisma e la Corona.
Lord Sidney
Ugo Capeto.
Contessa di Folleville
San Luigi.
Barone di Trombonok
Melibea, di dritto
vi spetta estrar dall’urna or il biglietto,
che all’improvviso fornira il soggetto.
Melibea estrae un biglietto e lo da a Don Profondo
Carlo X, re di Francia
(Il Barone e Don Profondo vanno ad avvertire Corinna che viene colla lira in mano, legge il soggetto ad alta voce, si raccoglie, indi improvvisa.)
Corinna
All’ombra amena - del GIGLIO D’OR.
aura serena - innebbria il cor.
Di lieti giorni - più dolce aurora
sorger la Francia - non vide ancor,
e grata applaude, - ammira e adora
di tanto bene – l’augusto autor
Della corona - sostegno e onor,
Carlo le dona - novel splendor.
Dal maestoso - regal suo viso
traspar del core - la nobiltà.
Nunzio di gioia - è il bel sorriso,
pegno soave - d’alma bontà.
Se un dì, non lice - il bene oprar,
perduto il dice, - di Tito al par.
Da poche lune - in trono siede,
e ognun già gode - de’ suoi favor.
La gioia intorno - brillar si vede,
l’etra risuona - d’inni d’amor.
Appiè dell’are, - ei chiese al ciel,
che secondare - degni il suo zel;
non fia deluso - il bel desio,
figlio dell’almo - suo nobil cor.
Sacro il diadema - già rese Iddio,
né più del fato - teme il furor.
Al soglio accanto, - ch’egual non ha;
soave incanto - ognun godrà.
Cento anni e cento - ognor protetto
dall’immortale - divin favor,
viva felice - il prediletto
Carlo, de’ Franchi - delizia e amor!
(Appena finito l’improvviso, rischiarati da improvvisa luce, appariscono i ritratti dell’augusta famiglia reale e de’ più celebri Re di Francia con vari emblemi analoghi, palme, corone etc.)
Cavalier Belfiore
Viva il diletto
augusto regnator,
ond’è l’aspetto
forier di gioia e onor.
(Tutti ripetono la strofa. Ballo.)
Tutti
(con religiosa espressione)
Sul verde stelo,
fiorisca il giglio ognor;
lo colmi il cielo
degli almi suoi favor.
Cavalier Belfiore, indi Tutti
Con sacro zelo
da noi serbato ognor,
sul verde stelo
risplenda il Giglio d’Or:
Lo colmi il cielo,
degli almi suoi favor.
Viva la Francia
e il prode regnator.
Fine
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