La stamperia di Poschiavo
Le seguenti notizie sono ricavate dall'articolo "il
Verter di Mayr", scritto da Luca Bianchini e Anna Trombetta e pubblicato
sui Quaderni Grigionitaliani, luglio 2000.
Johann Simon Mayr, illuminato (nom de guerre
Aristotile), Johann Wolfgang Goethe, illuminato (nom de guerre
Abaris), Wolfgang Amadeus Mozart, illuminato
(nom de guerre ?) e i loro legami con Thomas Maria Freiherr De Bassus,
illuminato (nom de guerre Hannibal) e l'ambiente culturale politico
e illuminato di Poschiavo.
I destini di Thomas Maria Freiherr De Bassus, Wolfgang
Goethe, Johann Simon Mayr e Wolfgang Amadé Mozart, s'incrociano idealmente
a Poschiavo, nella seconda metà del Settecento, alla vigilia della Rivoluzione
francese.La cittadina di Poschiavo al centro delle Alpi, era un punto
di riferimento per gli illuminati di Baviera, Ordine segreto fondato
da Adam Weishaupt (compagno di scuola di De Bassus) a Ingolstadt il
primo maggio del 1776, e una base sicura per la diffusione dell'Illuminatismo
nel Nord Italia. Il barone Tommaso Francesco Maria De Bassus era nato
a Poschiavo nel 1742, ma aveva completato gli studi proprio a Ingolstadt,
in Baviera, dove vivevano altri suoi parenti, i quali possedevano cospicue
proprietà . I De Bassus erano padroni anche delle terre di Mendorf, piccolo
villaggio bavarese, che aveva dato i natali, nel 1763, al musicista
Johann Simon Mayr, celebre compositore, operista, anello di congiunzione
tra Cimarosa e Rossini e maestro di Donizetti.Nel 1780 la linea bavarese
della famiglia De Bassus s'era estinta e il nostro aveva ereditato le
terre e i titoli nobiliari dei parenti tedeschi. Tommaso Maria era uomo
colto, amante delle arti, generoso mecenate e si dedicava con impegno
alla vita politica. Dal 1767 al 1791 fu, per alcuni anni, podestà di
Poschiavo e di Traona in Valtellina, consulente legale dell'ufficio
di Tirano, insieme ad Alberto De Simoni, il quale era non solo giurista,
ma anche rivoluzionario. L'attività del barone fu celebrata in versi
dallo scrittore e tipografo Giuseppe Ambrosioni, ma criticata da alcuni.
Se nel 1765 il barone aveva esercitato tutta la sua influenza per liberare
i Chiavi, che avevano attentato alla vita di Bernardo Francesco Costa
lungo il lago di Poschiavo, nel 1774 "con i soliti impegni, manipoli,
prepotenze e bullerie e scortato da sgherri da Tirano", Tommaso
Maria De Bassus aveva preteso addirittura di eleggere Podestà uno dei
Chiavi, ch'egli aveva protetto in nome della religione cattolica (I
podestà di Poschiavo, Quaderni Grigionitaliani, I 33, Poschiavo, gennaio
1964). Nella Storia delle Tre Leghe anche Giovanni Antonio De Sprecher
confermò che l'operato politico del barone "non fu sempre senza
macchia".Nelle sue case di Poschiavo nella residenza estiva a Cantone
e a Tirano (Italia), De Bassus organizzava periodicamente incontri culturali,
che trattavano di letteratura, pedagogia e musica, diritto e politica.
Erano occasioni da salotto, come quelle che tenevano i suoi parenti
in Baviera o gli illuminati nelle Accademie Minervali o lo scienziato
Ignaz von Born a Vienna. E si faceva tanta musica, per la quale serviva
un Maestro. De Bassus per due anni volle con sé il compositore Johann
Simon Mayr, dal 1787 al 1789, presso il palazzo di Poschiavo e le sue
proprietà in Valtellina.
L'Ordine degli illuminati di Baviera
Il mecenate De Bassus e il musicista Mayr appartenevano,
insieme a Goethe e a Mozart, all'Ordine degli illuminati di Baviera,
società segreta rivoluzionaria, che s'era infiltrata negli alti gradi
di rito scozzese, e rappresentava l'ala razionalista delle logge illuminate,
opposta ai rosacroce. Come si legge nell'Esposizione (Vorstellung) che
scrisse in sua difesa nel 1787 innanzi al tribunale elvetico, De Bassus
era un illuminato (nome in codice Hannibal). Con ingenti spese De Bassus
aveva trasportato i torchi e i macchinari tipografici dalla Baviera
a Poschiavo, per creare ex novo una stamperia nei Grigioni a servizio
dell'Illuminatismo. Tra le opere più prestigiose aveva fatto pubblicare
la prima traduzione italiana del romanzo epistolare I dolori del giovane
Werther dell'illuminato Wolfgang Goethe (nome in codice Abaris). Mayr,
anch'egli illuminato (nome in codice Aristotile), progettò di metterlo
in musica. A Venezia, poco dopo il 1791, Mayr compose il Verter, col
titolo italianizzato, utilizzando temi musicali del Flauto Magico di
Wolfgang Amadé Mozart.
Mozart
Mozart era entrato nel 1784 nella loggia illuminata
Zur Wohlth'tigkeit. Il suo ingresso nell'Ordine fu sollecitato dal barone
illuminato Otto von Gemmingen - Hornberg (nome in codice Antonius),
annunciato il 5 dicembre 1784 dal segretario Johann Daniel Schwanckhardt
(nome in codice Galeanus), perché il predecessore Leopold Alois Hoffmann
(nome in codice Sulpicius) aveva omesso di comunicarlo alle logge consorelle.
Wolfgang divenne Apprendista nella cerimonia di iniziazione del 14 dicembre
1784. Il grado di Compagno lo raggiunse il 7 gennaio 1785 nell'altra
loggia Zur wahren Eintracht, officina più intellettuale, presso la quale
si era recato in visita già il 24 dicembre 1784. Lì c'erano Joseph von
Sonnenfels (per Barruel il nome in codice è Numa, secondo il Basso invece
Fabius), segretario di loggia, consigliere aulico e presidente dell'Accademia
di Belle Arti, e Ignaz von Born (nome in codice Furius Camillus), che
ne diverrà Maestro Venerabile (vedi Alberto Basso, l'Invenzione della
gioia, Milano, Garzanti 1994, pp.563-564).
Il Verter di Johann Simon Mayr è un'opera illuminata
e riunisce, in un unico contesto politico rivoluzionario i quattro protagonisti
citati: De Bassus, Mayr, Goethe e Mozart. La partitura manoscritta era
sconosciuta e assente in tutti i repertori mayriani. Bianchini e Trombetta,
corrispondenti di italianOpera, l'hanno scoperta nel 1994 nel corso
delle loro ricerche, essendo sfuggita all'attenzione degli studiosi
per un errore di catalogazione. I particolari e altri riferimenti su
questo ritrovamento e su De Bassus, sono nel loro libro Goethe, Mozart
e Mayr, fratelli illuminati, di prossima pubblicazione. La trama dell'opera
musicale è semplice. Come nel romanzo epistolare di Goethe, Verter ama
Carlotta, moglie di Alberto. Giorgio è un personaggio aggiunto: un religioso
(gesuita), che fa la parte del cattivo e cerca di screditare la coppia
di amanti, Verter e Carlotta, agli occhi di Alberto. Ambrogio, il servo
di Verter, e Paolina, la cameriera di Carlotta, aiutano il protagonista
a provare la sua innocenza, la fedeltà di Carlotta, ad evitargli il
suicidio e a sconfiggere l'infido Giorgio. La prima edizione italiana
del Werther
Mayr aveva letto a Poschiavo, nel soggiorno del 1787, la prima edizione
italiana del Werther. De Bassus s'era già recato a Milano nel 1781,
a prendere contatti col letterato Gaetano Grassi, che s'occupò del Werther
/ opera di sentimento / del / Dottor Goethe / Celebre scrittore Tedesco
/ tradotta / da Gaetano Grassi / milanese / Coll'aggiunta di un'Apologia
in favore dell'Opera medesima In Poschiavo / Per Giuseppe Ambrosioni,
s.d. [2 febbraio 1782].
Una chicca letteraria
L'edizione di De Bassus è una rarità tipografica e
straordinariamente importante dal punto di vista storico, perché fu
la più diffusa in Italia tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento,
ristampata a Milano nel 1800, a Basilea nel 1807, a Livorno nel 1808,
a Firenze lo stesso anno e ancora nel 1823. Oltre all'altra traduzione
del Dottor Michiel Salom: Verter / opera originale tedesca / del celebre
signor Goethe / trasportata in italiano dal / D.M.S., che è stata stampata
a Venezia dall'editore Giuseppe Rosa nel 1788, prima, e poi nel 1796,
e che tralascia i passi più pericolosi, per non incappare nella censura,
le altre due versioni italiane, di Ludger (Gli affanni del Giovane Werther,
dall'originale tedesco tradotto in lingua toscana da C. Ludger, Londra
1788) e Salce (Werther. Tradotto dal tedesco per L.C. de Salce, Parigi
1803) ebbero scarsissimo seguito. L'edizione di Salom del Werther di
Goethe omette quasi del tutto la lettera del 12 agosto 1771, in cui
Alberto e Werther discutono sul suicidio, che il Grassi riporta per
intero. Il testo del Grassi, sebbene più diffuso e letto, non fu il
più accurato, perché era stato tradotto non dall'originale tedesco,
ma da un'edizione francese, per cui se ne discostava più di quello del
Salom, che è ripreso dalla lingua originale. La traduzione del Grassi
è piuttosto approssimata: la prima parte non è distinta dalla seconda,
manca quasi tutto il brano di Ossian, letto da Werther, ci sono omissioni,
modifiche e imprecisioni, che indussero Salom a definirla "una
infelice versione di Verter, lavorato sulla traduzione francese e piena
delle scorrezioni di quella, oltre le proprie" (Werther, nella
collana i Centauri a cura di Jolanda Sanfilippo, Ediesse, Roma 1997,
p.17). Confrontando le due traduzioni Jolanda Sanfilippo, osserva che
nel Salom "ogni omissione e ogni atto interpretativo fanno rigorosamente
parte di una logica chiaramente individuabile", dovute probabilmente
alla censura, mentre nell'edizione del Grassi a Poschiavo, secondo lei,
si ha l'impressione che la traduzione sia effettivamente piena di scorrettezze,
di omissioni e aggiunte, dovute "ad un atteggiamento poco corretto
verso il testo". La versione di Salom, medico padovano, ebreo e
legato alle Società segrete, ottenne l'imprimatur goethiano,
che non ebbe l'edizione poschiavina. Salom aveva tradotto il Werther
nell'estate del 1781, contemporaneamente al Grassi, ma i due non si
conoscevano. Avendo terminato il lavoro, Salom ne inviò un saggio a
Goethe, chiedendo nella lettera del 2 ottobre 1787 un parere sulla qualità
della propria traduzione, perché desiderava "rendere quest'opera
più compiuta di quello che abbia fatto non so quale Svizzero in una
sua traduzione francese". Nella lettera del primo febbraio 1788
poco prima del viaggio di ritorno dall'Italia, dalla sua seconda dimora
a Roma, Goethe scrisse: "La gente mi secca anche con le traduzioni
del mio Werther; e me le fanno vedere e mi domandano quale sia la migliore,
e se tutta quella storia è vera. Quel Werther è un guaio, che mi perseguiterebbe
sin nelle Indie". Ad altri due seccatori, che furono probabilmente
il De Bassus, insieme al traduttore Grassi, allude Goethe nella lettera
del 12 dicembre 1781, indirizzata alla von Stein, in cui si sfoga per
una cattiva traduzione italiana, inviatagli dall'autore in forma manoscritta.
Il poeta fece riferimento all'edizione poschiavina anche in un'altra
lettera a Eckermann, il 3 aprile 1829, quando accennò al vescovo di
Milano che aveva fatto sparire, nella sua giurisdizione, le copie in
traduzione italiana (vedi Johann Wolfgang Goethe, Opere, Sansoni, Firenze
1946, vol. II, p.1004).Gaetano Grassi aveva dedicato la sua versione
del Werther a Hans Jakob Hess sovrintendente generale delle poste di
Zurigo, dichiarandosi suo vero e costante amico. Hess era stato forse
il mediatore tra Grassi e il De Bassus. La tipografia di De Bassus profittava,
per la diffusione capillare nel mercato italiano, del favore delle poste
svizzere, per il controllo delle relazioni con Bergamo, Milano e Venezia,
e della amicizia di Hess (Massimo Lardi - corrispondente di italianOpera
- , Goethe e Poschiavo, Quaderni Grigionitaliani, anno LVIII 3, luglio
1999). Grassi appone all'edizione italiana di Poschiavo un'importante
prefazione, che giustifica il suicidio di Werther e dimostra d'essere
molto vicina alle idee illuminate: difende il suicida, che è travolto
dalle sue passioni, chiedendo per lui non il biasimo, ma la comprensione.Quel
Werther fu per Mayr, interessato alla cultura e ai principi illuminati,
una delle prime letture importanti in traduzione italiana e un testo
sul quale controllare il possesso della lingua, essendogli già nota
la versione tedesca: un'opera letteraria consigliata, perché scritta
da Goethe, che era oltre tutto suo "fratello". Il musicista,
in età matura, negherà persino di conoscere il Werther goethiano o anche
solo d'averlo sfogliato. Riguardo alle notizie delicate sugli anni giovanili,
sappiamo com'egli sia lacunoso e reticente. Goethe, Mayr e De Bassus
s'incontrarono con tutta probabilità nel 1788, nel viaggio di ritorno
di Goethe attraverso il porto di Riva di Chiavenna (in provincia di
Sondrio) e lo Spluga: in un breve diario, nei Paralipomena di Goethe,
si legge infatti (1788): "24 aprile. Partenza da Roma. 28 a Siena.
Maggio, 1. Firenze. 23. Milano. 28. Partenza da Milano. 29. Riva di
Chiavenna. 30. Passato lo Spluga". Mayr era giunto in Italia appena
l'anno precedente, ai primi del 1787. Goethe nel viaggio d'andata era
passato come al solito dal Brennero, ma al ritorno preferì deviare e
allungare il tragitto, transitando per la zona grigiona, sotto lo sguardo
del De Bassus, che sei anni addietro s'era tanto dato da fare per diffondere,
primo in Italia, I dolori del giovane Werther.
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