Gaetano Donizetti
Sinfonia
di Gaetano Donizetti, arrangiamento di Luca Bianchini Italian Opera (copyright) 2001
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biografia of
Gaetano Donizetti
1816
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Pigmalione
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Pietro il Grande
INTRODUZIONE
Pigmalione
è un dramma in un Atto, che Gaetano Donizetti compose tra il settembre e
l'ottobre del 1816, su libretto di Antonio Simeone Sografi. Il soggetto,
tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, era già stato
utilizzato da Jean Jacques Rousseau e rappresentato a Lione nel 1770.
Donizetti si servì della versione del Sografi, scritta per l'opera di
Giovanni Battista Cimador (1790) e per un lavoro di Bonifacio Asioli
(1796), che figuravano, insieme al testo di Rousseau, tra i libri del
Liceo bolognese. La prima rappresentazione del Pigmalione è postuma
e avvenne a Bergamo, per il XVII Festival delle novità del Teatro
Donizetti, il 13 ottobre 1960. Nel cast, diretto da Armando Gatto, c'erano
Dario Antonioli - tenore - che interpretava Pigmalione e Oriana Santunione
- soprano - nel ruolo di Galatea.
LA PARTITURA MANOSCRITTA
Il manoscritto
autografo è a Piacenza, nel Collegio Alberoni, la copia
manoscritta è a Bergamo nel Museo Donizettiano, partitura di 105 cartelle
a 12 pentagrammi (I, 2a. A. a/5). Sempre a Bergamo, Museo Donizettiano, è
la copia fotografica del manoscritto autografo (I. 4a. A. 2). Nell'ultima
pagina è scritto: Cominciata li 25 settembre, finita addì 1 ottobre 1816
alle ore due antimeridiane, giorno di martedì .
IL LIBRETTO
Solisti della prima
rappresentazione a Bergamo, Teatro Donizetti, il 13 ottobre 1960:
Pigmalione - tenore - re di Creta (Dario Antonioli)
Galatea - soprano - (Oriana Santunione)
IL PROTAGONISTA
Pigmalione
è un personaggio mitologico, re di Cipro e scultore, che aveva rinunciato
a prendere moglie, disgustato dalle donne. Quando però scolpisce la
statua della fanciulla Galatea, se ne innamora perdutamente e la porta nel
suo letto. Convince Afrodite a trasformarla in donna. Dalla loro unione
nasce Pafo, che fonderà l'omonima città sull'isola di Cipro [ Ovidio,
Libro X delle Metamorfosi ]
LA TRAMA
In questo Atto
unico, che in pratica corrisponde a una cantata da camera, il
librettista Sografi e Donizetti raccontano di Pigmalione, re di Creta, che
cerca l'amore ideale nella scultura, innamorandosi della sua statua di
Galatea. Per non rovinarla, Pigmalione non la sfiora neppure con lo
scalpello. Gli dei esaudiscono i suoi desideri e la trasformano in donna e
amante: ... Galatea:
E amore chi è / chi è amore?
Pigmalione: ' il Nume pietoso / che diede a te vita /
che l'aspra ferita / sanò nel mio cor. / ' il Nume pietoso. / ' il Nume
tremendo.
Galatea: Lo sento, l'intendo.
Pigmalione: Lo senti ... lo senti?
Galatea: Sì ...
Galatea e Pigmalione: Ah vieni al mio seno / mia vita mio
bene / mia vita mio bene. (restano abbracciati)
LIBRETTO
ATTO UNICO
PIGMALIONE
Anche spirto né vita più darvi non poss'io
dove sei genio mio
che mai sei divenuto misero mio talento!
In te tutto è già spento
quel foco animator
ch'opre immortali facea sortire un di.
Itene al suolo voi strumenti non più della mia gloria
ma del mio disonor.
Ah, che divenni io mai!
L'opre mirande che in uomo altero
rilucenti in seno brillan cotanto,
sono per gl'occhi miei indifferenti oggetti.
Sino i dolci affetti di tenera amistà,
sì cari un tempo a quest'anima mia
or più non sono per lo stupido cor
che lenti moti per un'alma a cui son questi affetti ignoti.
(siede guardando le statue e i gruppi che gli stanno
d'intorno)
Voi che intorno a me vi state,
cari oggetti lusinghieri
deh voi fate i miei pensieri
un istante tranquillar,
(Si alza con impeto aggirandosi per la scena)
Ah che invano il mio tormento
spera in voi trovar conforto
dall'affanno, oh Dio mi sento
dall'ardore a trasportar.
(si ferma e si rivolge con grande entusiasmo al
padiglione)
Sol colei quest'occhi miei
può quest'alma consolar.
(si accosta al padiglione, poi si allontana; di quando
in quando lo guarda, poi dice:)
Ma, celarla? E perché?
Qual'io ne traggo util piacere?
Perché ritrovo in quella, dell'opra mia,
la più perfetta e bella?
Scoprasi!!!
(s'indirizza per alzar la cortina, che lascia cade
re spaventato)
Qual improvviso io sento insolito tremor.
Fosse ch'io sono e più non mi rammento
che là nascosto sia un lavoro di pietra
un'opra mia?!
(con mano tremante, ritorna al padiglione per
alzare la cortina)
Incerto, dubbioso mirarla vorrei.
(scoprendo la statua e contemplandola con trasporto)
Il nume tu sei di questo mio core
Pigmalione che fai?
Dove ti lasci da un forsennato ardore
misero trasportar!
(guarda la statua)
Venere istessa a te ceda in beltà!
Ma quelle vesti tolgono al guardo mio
quanto in te di vezzoso può l'arte discoprir.
(riprende il martello e lo scalpello, sale
con agitazione i gradini della statua che mostra di
non poter toccare: finalmente - alzando il martello -
rimane alquanto in sospeso ... )
Qual forza ignota or questo ferro arresta.
Non è pietra cotesta che son presso a colpir?
Oh timor vano... t'accingi all'opra e non tremar mia mano.
(si incoraggia e riprende lo scalpello, ma
spaventato lo lascia cadere con un alto grido)
Ah che veggo! Ciel che sento!
Qual portento eterni Dei
(riprende tutto tremante)
quelle membra a colpi miei
vidi tutte a palpitar.
Lo stupore e lo spavento
mi fan l'alma in sen gelar.
Ciel che vidi, eterni Dei
quelle membra a colpi miei
vidi tutte palpitar.
Oh trasporti crudeli
oh tormentose brame - d'un impossente cor.
Né più non posso oh Numi
sopravvivere a questo terribile e funesto
che mi divora e strugge ardore interno.
(aggirandosi per la scena)
Ho nell'alma, ho nel cor tutto l'inferno.
(egli è nell'estremo della disperazione)
Da smania e furore
oppresso agitato
bersaglio d'amore
ludibrio del fato
le furie nel seno
mi sento destar.
(stendendo le mani al cielo dice:)
Voi che lo stato mio
pietosi dei vedete
deh per pietà rendete
la pace a questo cor.
Ma con chi mai favello, con chi?
(disperato)
Solo la morte io bramo.
Son disperato ed amo
l’opra del mio lavor.
(si aggira sempre smanioso fino a che, interrotto
da un suono, si ferma ad ascoltare)
Qual divino trasporto, qual soave armonia
rapisce l'alma mia.
Ah si t'intendo bella madre d'amor tu sei,
tu sei che pietosa ti mostri ai pianti miei.
Ciel pietoso, ciel clemente
A lei dono i giorni miei.
Se morire degg'io per lei
non mi lagno di morir.
(risoluto)
Galatea dove sei'?
(il bagliore di un fulmine illumina la statua e Pigmalione,
vedendola animarsi, si allontana spaventato)
Numi che veggo, Numi che mai ravviso
tinte di carne ha in viso.
Galatea il mio tesoro a poco a poco stende la mano ... il piè
negl'occhi ha il foco.
Povero Pigmalione, non v'è più speme
hai la ragion smarrita non v'è più che sperar.
(aggirandosi per la scena si trova presso Galatea e,
vedendola fare alcuni movimenti più decisi dice:)
Smanio, deliro, deliro e fremo.
Ah quest'è di una vita il punto estremo.
GALATEA
(fa alcuni passi con incertezza, si guarda attorno
e dice:)
Io …
PIGMALIONE
(sorpreso s'inginocchia)
Io … Numi dei ciel
Venere Galatea'?
Galatea si avvicina a Pigmalione, si ferma, lo guarda
attentamente e gli dice:
GALATEA
Di chi son io'?
PIGMALIONE
Tu sei l’idolo mio.
Cara tu l'opra sei di mia man
del mio core e degli Dei.
GALATEA
Perché tremi?
PIGMALIONE
Non so.
GALATEA
T’accosta.
(Pigmalione s'accosta con timore)
PIGMALIONE
Oh Dio!
GALATEA
Dammi la mano almeno.
PIGMALIONE
Cara.
GALATEA
Caro.
GALATEA e PIGMALIONE
Non più, non più, vieni al mio seno.
(si abbracciano)
GALATEA
(prende la mano di Pigmalione e accostandola al
core dice:)
Ah senti mio bene
ah dimmi cos'è!
PIGMALIONE
E' quello che anch'io
mi sento per te.
E' un dolce tremore
che batte nel core.
GALATEA
E il core cos'è
e il core cos'è ... ?
PIGMALIONE
L'asilo d'amore.
GALATEA
E amore chi è
chi è amore?
PIGMALIONE
É il Nume pietoso
Che diede a te vita
che l'aspra ferita
sanò nel mio cor.
É il Nume pietoso.
É il Nume tremendo.
GALATEA
Lo sento, l'intendo.
PIGMALIONE
Lo senti... lo senti?!
GALATEA
si...
GALATEA e PIGMALIONE
Ah vieni al mio seno
mia vita mio bene
mia vita mio bene.
(restano abbracciati)
FINE
Pietro il Grande
Partiture
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