Andrea Luchesi
Arlequin deserteur brano tratto dal secondo Atto della musica di scena per la pantomima Arlequin deserteur - revisione di Luca Bianchini e Anna Trombetta la questione dei diritti d'autoreLa società musicale del Settecento è ben diversa dalla nostra. Alcuni Maestri scrivevano musiche anonime per venderle a persone che se le intestavano. Quando richiesto il copista non scriveva il nome dell'autore reale sulla copertina della partitura o delle parti. Tutti i musicisti ("autori reali"), stando alle numerose testimonianze del tempo (vedi Bianchini, Trombetta, Mozart la caduta degli dei - Parte prima e seconda, Youcanprint, Lecce 2016-2017, www.mozartlacadutadeglidei.it ) potevano vendere musiche a nobili, o ad altri musicisti ("autori legali"). Molte Sinfonie, Quartetti, Musica sacra, Opere sono passate con questo sistema per tutta Europa. I nobili intestavano a sé o ai propri musicisti composizioni d'altri autori. In tal modo celebravano la propria Casata con pezzi d'ottima fattura. A quei tempi "i falsi in musica" erano oggetto di commercio. Si incaricava un compositore di scrivere un nuovo lavoro e in cambio di soldi lui s'impegnava a non farne copie e soprattutto a non rivendicarne la paternità. L'autore legale, ricevuta la partitura dal compositore, la ricopiava e faceva sparire l’originale. Da quel momento era lavoro tutto suo. Quando affrontiamo lo studio delle epoche passate, occorre ricostruire le paternità di lavori che sono stati attribuiti a compositori che per un motivo o per l'altro non li hanno scritti. La storia della musica del Settecento va quindi riconsiderata in toto per la questione della paternità. Motivazioni extramusicali, politiche, sociali, economiche, religiose, nazionaliste, nazionalsocialiste hanno fatto grande l'uno o l'altro compositore a discapito di altri. Il fondo Luchesi a ModenaNel corso del Settecento le musiche della Cappella musicale di Bonn furono inventariate più volte, ad esempio nel 1723, dopo la morte del principe elettore Joseph Clemens, e nel 1766 da Ludwig van Beethoven senior. Dopo che il Kapellmeister Andrea Luchesi partì per Venezia nel maggio 1784, fu redatto un altro inventario su richiesta del principe Max Franz d’Austria. L’organista di corte Christian Gottlob Neefe, sotto il controllo del notaio Fries, catalogò il fondo musicale della Cappella Musicale di Bonn. Non tutta la musica presente allora a Bonn venne inventariata. L'elenco si limita ai lavori teatrali, strumentali e sacri a grande orchestra e anche a pezzi anonimi e di "differenti autori": vi era però molta altra musica a Bonn nel 1784 che non venne considerata. Nei dieci anni di reggenza, Max Franz aggiunse all'archivio musicale di Bonn la sua biblioteca privata, la musica acquistata e quella prodotta dal Kapellmeister Andrea Luchesi. Tutte queste composizioni fecero parte dell’archivio della Cappella musicale del principato di Colonia e Münster con sede a Bonn. Nel 1794 Max Franz dovette fuggire innanzi alle truppe rivoluzionarie francesi. Il fondo musicale di Bonn era proprietà del principato e l’intera raccolta avrebbe dovuto essere restituita.
Alla morte di Max Franz (1801) gli asburgo la trafugarono a Modena, perchè non passasse alla Prussia. Le vicende dell’archivio, dalla partenza da Bonn nel settembre 1794 all'arrivo a Vienna il 13 settembre 1801, sono rocambolesche: una sessantina di pacchi vennero spediti via fiume da Bonn a Ruhrort e trasportati coi carri alla residenza dei Cavalieri Teutonici a Mergentheim. Per il pericolo dell'invasione francese furono suddivisi in tre parti, quella più consistente fu portata via terra a Vienna, un' altra spedita a Norimberga e poi a Praga, l'ultima inviata a Dresda. Copertine e frontespizi manomessiL'archivio catalogato da Neefe nel 1784 venne inviato in parte a Modena e gli Asburgo lo affidarono al Granduca Ferdinando. Il "fondo Luchesi" fu individuato nel 1851. Le sparizioni delle copertine e frontespizi suggeriscono forse la necessità di cancellare le tracce di intestazioni "legali", cioè di false attribuzioni. Gli studi sul fondo musicale di Modena sono solo agli inizi. In attesa di conclusioni certe, pubblichiamo alcuni articoli riguardanti l'archivio tratti dagli studi di Giorgio Taboga. Bibliografia |