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Claude Monet, Bordighera, 1884, Chicago,
The Art Institute.
Progetto Mayr
Adelasia e Aleramo
Melodramma serio in due Atti
MILANO
Scala
28 dicembre 1806
Libretto
LUIGI ROMANELLI
(Roma, 21 luglio 1751 - Milano, 1 marzo 1839)
Musica
JOHANN SIMON MAYR
(Mendorf, 14 giugno 1763 - Bergamo, 2 dicembre 1845)
Quest'opera ha per protagonista Aleramo, il "principe
carbonaio", e ha significato politico e rivoluzionario.
La leggenda di Adelasia
e Aleramo
Melodramma serio in due atti del Sig. Luigi Romanelli
(Milano 1807) da rappresentarsi nel Regio Teatro alla Scala il Carnevale
dell'anno 1807. Musica di nuova composizione del Sig. Maestro Giovanni
Simone Mayr.
Personaggi
Ottone, imperatore;
Teofania, sua moglie;
Adelasia, loro figlia;
Aleramo, sposo di Adelasia;
Rambaldo, confidente di Ottone;
Roberto, fratello di Aleramo;
Osmano, segreto messaggero dei Saraceni a Rambaldo;
due fanciulli, figli di Aleramo e Adelasia; coro di contadini,
cacciatori, grandi, guerrieri, damigelle; altri guerrieri, contadini,
cacciatori, damigelle che non parlano.
L'azione si rappresenta nella città d'Alba Pompeja e
suoi contorni.
ATTO PRIMO Scena prima
Valle. Contadini forniti degli istrumenti necessari per andare
a lavorare, indi Aleramo in abito anch'esso di contadino.
Prima di recarsi ai "campestri lavori" tutti
esprimono gioia e felicità per la loro vita serena e sicura. Aleramo si
unisce ai compagni e manifesta la soddisfazione di essere "Sposo
e padre".
Scena seconda
Adelasia coi figli.
Pur essendo figlia del re Ottone, Adelasia è ben contenta di rinunciare
al fasto della corte e di vivere in queste "remote valli" attorniata
dai figli e protetta dall'amore di Aleramo, ch'è suo sposo.
Scena terza
Aleramo estremamente agitato, e detti.
Di colpo la pace e la tranquillità sono scosse dalla notizia imprevista
dell'arrivo del re Ottone. Non valgono le parole di Adelasia a rassicurare
Aleramo. Nonostante siano già passati due lustri e sia stata sparsa la
notizia della loro morte, i due sposi, per proteggere il loro amore, decidono
di fuggire coi figli. Duetto "Se quel Dio, che agli astri impera".
Scena quarta
Bosco. Coro di cacciatori, indi Ottone, Teofania, Rambaldo,
e Roberto con numeroso corteggio.
Coraggio e ardire sono le parole che riecheggiano alla corte del re: "La
fortuna è ognor costante/ Dove il popolo è guerrier" ed anche una
battuta di caccia si trasforma in una specie di azione militare: "Usi
a versare il sangue/ Delle nemiche schiere/ Il sangue delle fiere/ Noi
verserem così ". Ottone è un sovrano valoroso, onorato e rispettato,
ma non riesce a dimenticare la sua amata figlia Adelasia: "Eppur
sovente io scordo/ Tutti i trionfi miei/ La figlia che perdei/ Serbo scolpita
in sen/ ...../ La tomba, ov'ella giace/ Trovar potessi almen". Causa
del tormento è secondo lui lo "scellerato Aleramo", ribelle,
empio e seduttore, che solo la morte ha sottratto alla sua ira.
Scena quinta
Rambaldo solo, indi Osmano.
Rambaldo, punto nell'orgoglio di pretendente respinto, sfoga tutto il
suo rancore contro la regina Teofania, che per la figlia Adelasia aveva
preferito a lui Aleramo. Egli si augura di riuscire presto a conquistare
il potere e trama alle spalle del re con l'aiuto di Osmano, il quale gli
consegna in segreto un messaggio dei nemici saraceni.
Scena sesta
Caccia. Si vede in gran distanza qualche fiera fuggitiva
inseguita dai cacciatori. Temporale. Fuga in disordine così delle belve,
come dei cacciatori, che dispersi qua e là cercano di salvarsi. Teofania
sola fuggendo.
La regina spaventata, cerca riparo dalle bestie feroci e dalla tempesta.
Scena settima
Interno d'una capanna, dalle cui aperture si distingue la
continuazione del temporale. Porta praticabile.
Adelasia, e Aleramo coi figli si dispongono a partire, ma sono trattenuti
dal temporale.
Scena ottava
Teofania agitata, e detti.
Nella capanna madre e figlia si riconoscono e si abbracciano; anche Aleramo
è perdonato dalla regina, la quale però teme il risentimento di Ottone.
Teofania propone ad Adelasia di andare con lei in incognito alla reggia
e convince Aleramo ad attendere nascosto nel bosco il momento propizio.
La separazione sarà momentanea, il tempo necessario per parlare col re.
Scena nona
Rambaldo, damigelle, guardie, e detti.
Rambaldo arriva all'improvviso in cerca della regina. Adelasia e Aleramo
temono di essere riconosciuti. Teofania con prontezza riesce ad allontanarlo,
ma Rambaldo rimane sospettoso: "Ignoto al mio sguardo/ Non è quel
sembiante"
Scena decima
Sala. Roberto solo.
Roberto ha la sensazione che il fratello Aleramo sia ancora vivo: ".....La
nota voce/ Mi sembra udir; soccorso/ Par, che mi chieda".
Scena undicesima
Teofania, Adelasia, damigelle, due confidenti, e detto.
Il presentimento diventa all'improvviso realtà . Teofania comunica a Roberto
che Aleramo è vivo: due persone fidate lo condurranno da lui, ma deve
fare in fretta, perchè Rambaldo potrebbe giungere da un momento all'altro.
Intanto la regina dispone che Adelasia riceva i vestiti regali e che stia
al sicuro fino al suo segnale.
Scena dodicesima
Ottone, Rambaldo, e guardie.
Rambaldo confida al re i suoi sospetti: Adelasia e Aleramo sono ancora
in vita e nascosti nella capanna. Ottone ordina di andarli a prendere
e di condurli al suo cospetto.
Scena tredicesima
Rambaldo solo.
Il fato sembra propizio al traditore: i saraceni sono ormai vicini e in
un sol colpo Rambaldo potrebbe vendicarsi di Adelasia e di Aleramo: "Ho
sugli occhi, dovunque mi aggiri/ Torvo spettro di stragi foriero/ M'arde
il seno la sete d'impero/ La vendetta mi lacera il cor".
Scena quattordicesima
Ottone, Teofania, indi Adelasia in abito reale, e damigelle.
Ottone, accecato dall'ira, non ascolta le parole di Teofania e vuole la
morte di Aleramo. Adelasia si libera delle damigelle che tentano invano
di fermarla e si inginocchia ai piedi del padre, chiedendo perdono per
la sua fuga. "Ottone si ferma in silenzio a contemplare la figlia,
e sostenendo fierezza non lascia però di esternare il contrasto degli
affetti". Il re non accetta le scuse: "La mia vendetta/ Dal
perfido Aleramo/ Comincerà " e inutili sembrano le proteste di Adelasia:
"Non lo sperar, no; invano/ Col pianto il cor mi tenti/ Tutti di
padre hai spenti/ Gli antichi affetti in me". Adelasia spiega che
Aleramo non è un ribelle o un nemico e implora pietà . Queste parole fanno
breccia nel cuore di Ottone: "Ah! che in mezzo ai sdegni miei/ Sento
ancor, che padre io sono/ Di clemenza, e di perdono/ Ragionando amor mi
va", ma il re non cede, temendo che il suo perdono sia scambiato
per un atto di viltà : "Oh che orribile momento".
Scena quindicesima
Teofania sola.
Ottone non è più alla reggia e Teofania pensa che le incaute parole di
Adelasia abbiano aggravato la situazione.
Scena sedicesima
Luogo remoto. Notte con luna. Rambaldo, e coro di soldati.
I soldati marciano guidati da Rambaldo.
Scena diciassettesima
Aleramo coi figli, Roberto, e seguaci armati. In distanza
contadini che piangono.
Il nascondiglio di Aleramo non è più sicuro: Roberto convince il fratello
a fuggire e a lasciare a lui i figli. Aleramo stringe in un ultimo abbraccio
i suoi amati bambini "Sì , addio; miseri figli/ Se cercheranno il
padre/ Lo ritrovino in te. ..... / Io parto, è ver, ma in pegno/ Vi lascio
il cor...." e promette di ritornare presto. E' disperato, ma cerca
di farsi coraggio: "L'acerbo duol, ch'io sento/ resti nel sen sepolto/
Ah! non tradisca il volto/ Gli affanni del mio cor".
Scena diciottesima
Rambaldo col suo seguito, poi Roberto, indi Ottone accompagnato
da molti soldati, alcuni de' quali con faci in mano, e successivamente
tutti.
Come un segugio Rambaldo è sulle tracce di Aleramo: "Dove mai, dove
si asconde/ L'abborrito mio rivale?" Il fuggitivo non ha più scampo:
ormai è attorniato dalle guardie del re. Adelasia e Aleramo implorano
a Ottone perdono e pietà , ma il re è accecato dal furore: "Ha la
vendetta in seno/ Ha sciolto il freno all'ira/ Fiamme dagli occhi ei spira".
ATTO SECONDO
Scena prima
Sala, come nell'Atto I.
Teofania, che passeggia malinconica: coro di grandi, e di damigelle.
Le damigelle confortano Teofania: "Non disperar: talora/ E' irato
il Ciel; ma poi/ Pietoso a chi lo implora/ Concede il suo favor",
ma la regina vuole restare sola col suo dolore.
Scena seconda
Ottone, Robertto, Rambaldo, guardie, e detta.
Roberto e Teofania chiedono al re di ascoltare Aleramo perchè anche ai
più malvagi è concesso discolparsi. Ottone allora fa allontanare tutti
e attende Aleramo.
Scena terza
Ottone solo, indi Aleramo in abito signorile fra custodi.
Timore e speranza si alternano nel cuore di Aleramo. Il re lo accusa di
avergli portato via l'unica figlia per arrivare al potere e gli offre
salva la vita se rinuncia ad Adelasia. Aleramo con fermezza spiega a Ottone
che la morte non lo spaventa, ma non potrà mai rompere il giuramento d'amore
fatto alla sposa. "Che al mio bene, al mio tesoro/ Nieghi un sol
de' miei pensieri/ Il destino, ah! non lo speri/ Fido sposo ognor sarò"
Scena quarta
Teofania dal suo appartamento, indi Roberto.
Palpitante e inquieta Teofania teme, che anche l'ultimo tentativo con
il re non abbia portato buoni risultati: "Nulla si ottenne; e nulla/
Più ci resta a sperar". Ma Roberto ha ancora una mossa vincente per
convincere il "cor d'Augusto". Un raggio di speranza torna a
brillare nel cuore della regina: "Credei, che avesse a noi/ Odio
il destin giurato".
Scena quinta
Interno dell'appartamento di Ottone. Ottone seduto, ed appoggiato
ad un tavolino, in attitudine d'un uomo profondamente immerso in tormentosi
pensieri. Coro di guerrieri, e guardie.
Ottone è combattuto tra l'amore di padre e la fermezza di re: "Fremo,
piango, deliro/ E dei deliri miei nel fiero eccesso/ Gli altri rendo infelici,
e più me stesso".
Scena sesta
Adelasia, Teofania, Roberto, damigelle, e detto.
Roberto si allontana per compiere il suo piano. Ottone rimprovera Adelasia
di essere stata ingrata col proprio padre per averlo lasciato senza pensare
al dolore che gli avrebbe procurato. Adelasia ammette la sue colpe, non
implora la grazia per lei, ma per il suo sposo.
Scena settima
Roberto di ritorno co' due fanciulli, e detti; indi Rambaldo,
e coro di guerrieri.
I bambini si inginocchiano innanzi al re attonito: è enorme la sua sorpresa
nel vedere i figli di Adelasia. Poi i due fanciulli si accostano alla
madre risvegliando nel sovrano l'amore paterno. Il cuore del re è ormai
vinto dalla commozione e dalla pietà : "Riedi, o figlia, in braccio
al padre/ L'innocenza ottenne il vanto/ Si confonda il nostro pianto/
Ma sia pianto di piacer". Un improvviso trambusto di armi e di soldati
scuote l'uditorio: i nemici attaccano a sorpresa e Rambaldo incolpa di
tutto questo Aleramo. Ottone dimentica il perdono e adirato condanna a
morte il traditore.
Scena ottava
Prigione. Aleramo, indi Adelasia.
Solo la fede in Dio dà ad Aleramo il coraggio di affrontare con dignità
la morte. "O tu, ch'eterna sei/ Vita di tutto". Prega affinchè
Adelasia riceva conforto e consolazione dalla certezza che il loro amore
sarà eterno e che saranno ancora insieme nell'aldilà . Sente un rumore
di passi: é Adelasia che è venuta a liberarlo. "Pietosa man mi aperse
il varco/ Per sotterranea via: la mano istessa/ Te in salvo condurrà ."
Ma Aleramo non vuole fuggire: "Se parto, se resto/ Son sempre infelice:
Non lice a quest'alma/ Più calma sperar".
Scena nona
Detti, poi Ottone con molto seguito.
Arriva qualcuno... è Ottone con le guardie; Adelasia e Aleramo sono scoperti,
per loro non c'è più scampo: "Ah! da te, lo so, tiranno/ No, pietà
sperar non lice".
Scena decima
Bosco, come nell'atto I. Roberto solo.
Roberto, seguendo le indicazioni di Adelasia, sta aspettando il fratello
per condurlo in salvo. Sente dei passi, ma invece di Aleramo, vede arrivare
Rambaldo. Decide allora si stare nascosto e di osservare
Scena undicesima
Rambaldo, indi Osmano.
In gran segreto Rambaldo consegna a Osmano una lettera con i piani dell'attacco
e spiega che Aleramo, da lui accusato di tradimento, sarà giustiziato
prima del tramonto.
Scena dodicesima
Roberto solo
E' Rambaldo il traditore, "ma come palesarla al Sovran senza che
sembri l'accusa una calunnia?" Non ci sono testimoni e l'unico modo
per fermare il vero colpevole è combattere: "A danni di quel perfido/
Armar saprò la mano/ Tutto il favor savrano/ Poco per lui sarà ".
Scena tredicesima
Vasta pianura. Catena di montagne in molta distanza. Veduta
della città da una parte. Accampamento dall'altra. Truppa in ordine. Coro
di guerrieri, indi Rambaldo, poi Ottone con seguito di guardie.
I soldati desolati commentano con tristezza l'ingiusta sentenza del re:"
Oh sorte! Oh scempio!/ Trionfa l'empio/ Le giuste lagrime/ Chi può frenar?/
Dell'innocenza il sangue/ Si spargerà ./ La vittima già ".
Scena quattordicesima
Adelasia estremamente agitata, con le chiome in disordine,
e trattenuta inutilmente dalla madre, e dalle damigelle, e detti.
Giunta è l'ora dell'esecuzione di Aleramo; per Adelasia "un
giorno è questo di crudeltà ". Ottone accusa la figlia di sobbillare
le truppe affinchè "sia salvo il tuo sposo, e pera il padre",
ma disperata Adelasia dice di non avere più un padre: "Esser non
può, che un padre/ L'unica figlia all'odio/ Al furor de' malvagi/ Sacrifichi
così . Se un padre avessi/ Io non vedrei Rambaldo.... al tuo fianco".
Lui è il nemico e il traditore, non Aleramo. Ottone è irremovibile
e non prova pietà neanche quando Adelasia chiede di morire insieme al
consorte: "Di tua man mi squarcia il seno/ Per pietà del mio dolor".
Adelasia si getta tra le braccia di Aleramo e l'assale l'angoscia quando
le guardie la separano dal suo sposo: "Barbaro padre!/ Perfido! indegno!(rivolto
a Rambaldo)/....Sento mancar la vita.../ Sento di morte il gel/ Agli uomini
vendetta/ Vendetta io chiedo al Ciel".
Scena ultima
Aleramo, Ottone, Rambaldo, e truppe, finalmente Adelasia,
e Teofania di ritorno insieme a Roberto, e damigelle; Osmano ed altri
Saraceni in catene.
Spaventato dal pallore di Adelasia, Aleramo implora aiuto; egli chiede
al re, come ultimo desiderio prima della morte, che sia usata clemenaza
ai figli e alla sposa. Sopraggiunge Roberto che conduce Osmano e gli altri
prigionieri davanti al re. Rambaldo fugge. Ad Ottone è consegnata
quella lettera che prova il tradimento del suo confidente. Per ordine
del re trionfa il lieto fine: "Rambaldo al meditato castigo si riservi:
ad Aleramo sciolte sian le catene. Ah! ritornate miei cari figli a questo
sen.", unendo padre e figli in un comune inno all'amore: "....Se
a gran cimento/ E' provocato un cor/ Porge alimento/ Alla virtude amor".
La leggenda di Adelasia
e Aleramo
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