Adelasia e AleramoTra storia e leggendaL'Aleramo e il Falconiere di Francesco Paolo FrontiniIl libretto dell'Adelasia e Aleramo Files MIDI dell'Adelasia e Aleramo di Giovanni SImone MayrSecondo la leggenda popolare la principessa Adelasia,
figlia di Ottone I di Sassonia, fuggì in Liguria con Aleramo,
ch'era stato il suo scudiero e ch'ella aveva sposato contro il volere
del padre. Nei pressi di Montenotte una Rocca porta il nome di Adelasia,
perché i due avrebbero trovato lì un momentaneo rifugio.
In Liguria ... Dopo la fuga d'amore si dice che per tirare avanti Adelasia e Aleramo divenissero carbonari sino al giorno in cui Ottone I, venuto a combattere contro i Saraceni, raggiunse la coppia in riva al mare e la perdonò, insignendola dei marchesati di Acqui, Monferrato e di Savona. Aleramo, assieme ai figli, combatté da valoroso nell’esercito imperiale. La storia di Adelasia e Aleramo è riportata dal cronista Jacopo dei Bellingeri, detto Jacopo d’Acqui e prende le mosse dalla Germania: « Fu un gentiluomo di Sassonia, chi dice un
marchese e chi propriamente un duca ..., il quale non avendo ancora
figlioli ... fece voto, se Dio gli concedesse grazia di prole, andar
in pellegrinaggio, chi dice a Roma , e chi a San Giacomo di Galizia.
Ottenuta la grazia, il signore con la moglie incinta si misero in
cammino (nell’anno 904). E ... arrivando nella contea e diocesi
di Acqui ... qui la donna , non potendo, grossa com’era durare
piu’ oltre l’ambascia del lungo cammino, si fermo, e sovrappresa
dalle doglie partorì un figliuol maschio a cui i signori del
luogo tenendolo a battesimo misero nome ALERAMO, con dire
al padre che Dio nel suo pellegrinaggio gli ha dato tale allegrezza,
perchè nel volgar piemontese antico "Aler" suona
"Allegro". Passato che
fu un mese i due genitori pensarono di proseguire il pellegrinaggio
a soddisfazione del voto, e lasciarono il figlioletto con una balia
di sua lingua raccomandato ai signori del luogo per riprenderlo poi
nel ritorno. E andarono, e adorarono le spoglie degli apostoli di
Roma o in Campostella ; ma nel ritorno, malignita’ di natura
o reita’ d’uomini che fosse vennero a morte. E nessuno
ricercò più del fanciullo ... Ma tanta era la graziosa
avvenenza di lui e tale in tutti la pietà del nobil sangue
e del caso, che i signori del castello lo ebbero in luogo di figlio;
e, quando toccò i quindici anni, alcun di loro lo corredò
suo scudiero. Non mai natura aveva formato creatura piu’ bella,
ne che meglio in vista manifestasse l’alto linguaggio e allevato
con buoni insegnamenti ed esempi egli cresceva anche egregio di virtu’
e costumi. Allora avvenne che l’imperatore Ottone passò
di Alemagna in Lombardia dove alcune città gli si erano ribellate.
E mandò bando per tutta l’Italia che i fedeli venissero
all’oste. Va Aleramo il bello scudiere, bellamente arredato
e fu nel cospetto dell’imperatore, rappresentandogli l’omaggio
dei signori e del castello e della villa. Molto piacque ad Ottone,
che lo dimando’ onde fosse. Tedesco di sangue – rispose
Aleramo – ma di nazione e di educazione lombardo. E quando l’imperatore
ebbe inteso del fatto suo ... lo fece cavaliere di sua famiglia, e
volle che gli servisse a mensa. Il valletto che bello e piacente era,
andava per il palagio dell’imperatore, passando spesso dinnanzi
alle dame e damigelle, che attentamente lo riguardavano e molto lo
lodavano di bellezza e cortesia ... L’imperatore aveva
una figliuola, a nome Alasia, la più vaga damigella che si
trovasse al mondo. Ora la pulzella non poteva saziarsi di guardare
il donzello ... Ben se ne accorse Aleramo, ma molto gl’increbbe
per l’amore del signor suo, al quale non voleva fallire. Ma
la damigella pur gli faceva assai festa, tanto che al fine non sapeva
Aleramo che fare nè che dire. ... Tuttavia la fanciulla tanto
seppe dire e fare, che Aleramo, disperando per una parte che l’imperatore
si contentasse mai del loro amore, e dubitando per un’altra
che durando ancora la cosa non si potesse più oltre celare,
una notte menò via la fanciulla. E si vestirono per non essere
riconosciuti, di abiti strani, e diversi; e su due cavalli, uno bianco
e uno rosso fuggirono per foreste e per luoghi selvaggi. Alcuna volta
si imbatterono nelle genti che l’imperatore aveva mandato a
inseguirli; e quelli gli domandavano se sapessero novella d’un
cavaliere di tali fattezze e in tale abito che menava con sè
una damigella. ... Aleramo si ricordo’ del dolce paese ove era
nato e dell’aspra montagna ove garzonetto andava alla caccia
con i suoi signori ... detta Pietra Ardena ed ivi se ne andò
conducendo seco la compagna. Quando Aleramo fu sull’alta montagna,
non v’era che mangiare e bere all’infuori dell’acqua
chiara; non si domandi la pietà ch’egli ebbe della sua
damigella, che piangeva di fame. E, cercando, se ne ando’ sulla
piu’ alta cima, per meglio vedere all’intorno: vide un
fumo, e penso’ che la’ fosse gente, e s’avvio, e
trovò due carbonai, e li pregò gli dessero del pane
e gli aiuterebbe a fare carbone. Quelli che di aiuto avean
bisogno, gli diedero del pane e di ciò che avevano. Aleramo
... costruì su quei greppi, di vecchi tronchi e di arbusti,
una capanna ... E poi imparo’ a fare il carbone, e si accompagnò
ad altri carbonai; e lo portava a vendere alla città di Albenga;
e ne comperava oro e seta ed altre cose necessarie alla sua amica
per lavorare di ricamo ... Ella faceva di cotali piccole borse e altre
cosette, che il marito vendeva alla città. E in poco di tempo
non stentarono più, anzi vivevano secondo il nuovo stato a
tutt’agio ... e si erano vestiti della foggia che appartiene
ai carbonai. E così standosene contenti della povera
vita e del ricco amore ebbero più figlioli: chi dice quattro
e chi dice sette. Aleramo, in questo mezzo, vendendo un giorno e poi
l’altro del suo carbone al cuoco del vescovo di Albenga prese
familiarita’ con lui. ... Avvenne intanto che i bresciani ribellarono
di nuovo all’imperatore e l’imperatore mandò il
bando per far l’esercito contro Brescia. Il vescovo di Albenga,
come vassallo dell’impero, si dispose di andare. E il cuoco
del vescovo chiama Aleramo, e gli dice se vuole andare seco all’esercito:
"Starai con me in cucina e mi aiuterai". Aleramo va col
cuoco, e suo figlio Ottone va col vescovo come scudiere. Il cuoco
aveva un gagliardo e buon cavallo; e così per trastullo volle
avere sue armi e un’insegna, dove erano gli arnesi di cucina,
paoli, padelle e catene al fuoco, tutte nere in campo bianco. ...
Aleramo saltò sul cavallo del cuoco e prese le armi e la bandiera
del cuoco, e col suo figliuolo Ottone, che allora aveva sedici anni
e cavalcava assai bene e teneva la bandiera, battè e ricacciò
i bresciani sin dentro la porta. Di che tutti meravigliarono, e fu
per l’esercito un gran favellare del milite dalle insegne del
cuoco che aveva battuto i bresciani e che nessuno conosceva. Il giorno
di poi, i bresciani tornarono alla sortita, e presero un nipote dell’imperatore,
che molto era buon cavaliere e lo tirarono fuori dalla mischia per
menarlo nella città. Quando Aleramo ciò intese ammonì
i compagni suoi di ben fare, ... e il nipote dell’imperatore
fu riscosso e i nemici ricacciati a forza dentro le mura. ... Crebbe
per l’esercito il rumore di questo cavaliere; e l’imperatore
vuol sapere chi sia e, nessuno lo sa, se non che il vescovo di Albenga
ode ch’egli è il guattero del cuoco suo, che era anche
detto il carbonaio. L’imperatore lo voleva vedere ...
Aleramo era nella cucina con gli altri sguatteri e disse di non essere
degno di andare innanzi l’imperatore; che troppo era unto e
nero della cucina ... perché, diceva, si facevan beffe di lui;
che un carbonaio non deve andare nella presenza di tale e tanto principe.
Anche una giostra ci fu, sollazzo dell’imperatore e dell’imperatrice;
e anche nella giostra il travestito Aleramo fece gran fatti d’arme
e cavalleria. Alla fine il vescovo di Albenga, avutolo a sè,
gli domandò strettamente chi egli fosse; e Aleramo manifestò
al vescovo l’esser suo, e il vescovo sotto secreto all’imperatore.
L’imperatore, placato, ... con grandissima tenerezza raccolse
la figliola, il genero e i nipoti; ai quali tutti diede il cingolo
della cavalleria, e consegnò il vessillo della milizia con
la balzana di color rosso e bianco, che dovesse esser segno del valore
e della fede di tutti gli eredi del seme di Aleramo. E fu grandissima
festa per molti giorni nella corte dell’Imperatore. Vinta Brescia,
l’Imperatore, venuto ad una delle più vecchie città
dell’impero, Ravenna, ivi conferì la dignità
di marchese ad Aleramo e a tutti i suoi (il 21 marzo del
967). E gli concesse che fosse suo quanto egli in tre giorni potesse
correre a cavallo di quella terra montuosa che è il Piemonte.
Ed egli montando in tre giorni tre cavalli velocissimi, e cavalcando
sempre di forza dì e notte percorse tutte le contrade intorno
a dove poi fu Alessandria, intorno a Savona, a Saluzzo, al Monferrato.
Al secondo giorno cavalcò tanto di forza che il cavallo gli
stramazzò sotto presso un luogo detto Arenorio (su un monte
si chiama Cavallo Morto). Si dice che Aleramo volle prima
della gran corsa ferrare il cavallo; e che non trovando gli strumenti
a ciò, adoperò un mattone, che nel volgare del Monferrato
è detto "Mun"; e così il cavallo fu ferrato
"Frrha", da cui viene il nome "Munfrrha", cioé
Monferrato » Aleramo, conte e margravio di Savona, ebbe tre figli: Guglielmo (morto nel 991 prima del padre), Anselmo (che diede origine a un ramo dinastico savonese) e Oddone (che ereditò il Monferrato). Da allora la grande Marca Aleramica si frammentò, e da Anselmo in particolare ebbero origine le grandi famiglie del Ponente ligure e del savonese: i Del Carretto, i Del Vasto, i Clavesana. Aleramo morì a Grazzano in Monferrato nel 993.
Nella navata destra dell'abbazia di Grazzano Badoglio c'è un'affresco
del Moncalvo che rappresenta la figura di Aleramo. Un mosaico del
X secolo sopra la tomba di Aleramo ha la semplice scritta "Aledramus".
Anche Adelasia del Vasto appartenne alla dinastia aleramica. Questa leggendaria contessa dei palermitani, e regina di Gerusalemme, si dice fosse donna volitiva e di grande fascino. Fu la terza moglie di Ruggero I d'Altavilla, gran conte di Sicilia e Calabria e madre di Ruggero II, nonno e precursore di Federico II. Ebbe un’infanzia difficile. Infatti, in seguito alla morte di Manfredi, avvenuta nel 1079 durante una battaglia, e del successore, il fratello Anselmo, morto precocemente e senza figli, il marchesato finì nelle mani di Bonifazio, avido e senza scrupoli, che, incestuosamente, sposò la vedova del fratello Anselmo, riunendo nelle sue mani i possedimenti degli Alerami. Anna & Luca's Music Home Page © |