Verter, il libretto
L'opera è tratta dalla commedia omonima di Antonio Simone Sografi
(ricavata a sua volta dalla prima traduzione italiana del Werther
di Goethe pubblicata a Poschiavo nel 1782).
Il documento, qui riassunto, è diviso in introduzione e tre
parti: nella prima abbiamo trattato della musica del Verter e dimostrato
che è di Johann Simon Mayr, nella seconda analizziamo il libretto
del Verter di Mayr e lo confrontiamo con l'edizione del 1802, pubblicata
a nome di Domenico Camagna e con musica di Vincenzo Pucitta, nella
terza ricostruiremo la storia dell'opera e trarremo le conclusioni.
Il libretto
Introduzione
La musica
di Mayr, la datazione dell'opera
Considerazioni conclusive
Files MIDI da ascoltare
Il testo del Verter è una prova ulteriore della paternità
mayriana e non solo per l'argomento tedesco, particolarmente caro
al barone Tommaso Maria De Bassus, mecenate di Mayr, e a Giovanni
Simone Mayr: il carattere illuminato (che sfugge a un'analisi superficiale)
è coerente con le pubblicazioni della tipografia clandestina di Poschiavo
(ad esempio Cosa è un vescovo, che è una feroce satira contro i monaci,
i frati e i gesuiti).
Il Verter, satireggiando Giorgio, consigliere d'Alberto, istitutore
privato e religioso corrotto in casa sua, sostiene il principio dell'educazione
di massa e della pedagogia dell'illuminato svizzero Pestalozzi, anch'egli
illuminato come Goethe, De Bassus e Mayr;
l'episodio del suicidio che risolve in lieto fine,
come accade nel Verter, è oggi innocuo, ma era particolarmente significativo
a quei tempi per gli illuminati di Baviera e per Mayr, obbligati dai
superiori a scrivere opere che riguardassero il suicidio. Per approfondimenti
rimandiamo al nostro libro Goethe, Mozart
e Mayr fratelli illuminati della Arché.
Il libretto del Verter di Mayr è tratto direttamente
dalla omonima commedia di Sografi, che è presa a sua volta dalla prima
traduzione italiana del Verter di Poschiavo, stampato nel 1782 dalla
tipografia De Bassus. Un'edizione che era fiore all'occhiello di quell'officina
e la più diffusa in Italia, smerciata ancora nel 1794 a Milano, Bergamo
e Venezia: lo stesso Goethe, illuminato, s'era incontrato col barone
De Bassus e col suo musicista Mayr a Riva di Chiavenna nel 1787 di
ritorno dal viaggio in Italia. E forse proprio per parlare del Verter
(e della possibile messa in musica?).
Il Verter di Mayr rispetta la divisione degli Atti
della commedia di Sografi e addirittura, pedissequamente, il numero
dei protagonisti per ogni singola scena.
Lo stile è compatibile con quello sografiano e post goldoniano e ne
ripete, con regolarità , frasi o parole. Sic et simpliciter il Verter
è da attribuire a Sografi, anche se il libretto è anonimo.
Ci sono però delle parti aggiunte a posteriori (alcuni recitativi,
il Quartetto e un Duetto) che scadono di qualità . Lo stile, in tal
caso, è contraddittorio e "antisografiano".
Nel corso delle sue ricerche, Luca Bianchini ha raccolto
testimonianze, in lavori di critica letteraria, sul fatto che anche
il Foscolo, deluso nel 1797 per il trattato di Campoformio, si sarebbe
ispirato al Verter di Sografi mentre scriveva Le Ultime lettere di
Jacopo Ortis.
Si dice che Ugo Foscolo disprezzasse il Verter di Antonio Sografi,
secondo quanto il poeta ha affermato in una lettera. Abbiamo controllato.
La notizia è priva di fondamento ed è riportata per forza di inerzia
da un storico di letteratura a un altro: in quest'unica lettera foscoliana
si accenna al Verter senza nominarlo e il poeta non dà giudizi,
ma avanza solo qualche dubbio che le Ultime lettere di Jacopo Ortis
possano essere rappresentate sulla scena.
Anche la partitura del Verter, secondo la ricostruzione
che abbiamo fatto al Conservatorio di Milano, proviene da Venezia,
ambiente in cui Antonio Sografi, Ugo Foscolo, Tommaso Maria De Bassus
e Johann Simon Mayr erano attivi, proprio alla fine del Settecento.
Il Verter riprende un lavoro di Sografi, che fu particolarmente legato
all'ambiente degli illuminati di Baviera a Venezia, infiltrati nelle
Logge di rito scozzese. Sografi, Fratello di Mayr, condivideva i principi
di De Bassus.
Esiste un libretto a stampa (a Bologna), intitolato
Verter, che è quasi uguale a quello del Verter di Mayr (a Milano).
Il libretto è attribuito al capocomico Domenico Camagna con musica
di Vincenzo Pucitta eseguita a Venezia nel 1802. La partitura di Pucitta
non esiste più (neppure all'Archivio Ricordi, dove si diceva fosse)
per cui non è possibile nessun confronto tra la musica di Vincenzo
Pucitta (o Puccitta) e quella di Mayr. Non si può superficialmente
dedurre, è ovvio, che la musica di Mayr sia uguale a quella
di Puccitta: si potrebbe supporre piuttosto che il libretto sia lo
stesso e che quindi autore del libretto sia, come dichiarato, Domenico
Camagna, musicato prima da Mayr e poi da Pucitta.
Il Verter di Mayr, comunque, non è dal punto
di vista formale uguale a quello di Pucitta, perché ci sono differenze
testuali nella suddivisione delle scene (alcuni accompagnati non coincidono)
e nel raggruppamento delle voci nel Finale.
La musica perduta del Verter di Pucitta sarà
stata comunque diversa da quella del Verter di Mayr. Per farsene un'idea,
basta ascoltare (in prima mondiale) una sinfonia di Pucitta scritta
nel 1802. Vi si avverte la scuola napoletana, ma la musica è
piuttosto debole e la costruzione formale incertissima: le parti procedono
con stilemi per intenderci"alla Zingarelli", che però
non raggiungono le altezze del Maestro napoletano:
Nel Verter di Mayr invece la musica ha caratteri tardo
settecenteschi: non è del primo Ottocento: il Flauto magico,
che tanto informa l'opera, è infatti del 1791.
Il librettista Domenico Camagna è autore sconosciuto,
specie a chi, fidandosi troppo delle apparenze, vorrebbe attribuirgli
il Verter di Bologna (del 1802). Il libretto di Camagna sembra invece,
e per le ragioni che seguono, copiato da un libretto preesistente
e di altro autore.
Come risulta dall'analisi testuale (riportata
di seguito in formato doc), il libretto del Verter di Mayr è
rilegato in modo sbagliato: c'è un errore evidente di pagine,
per cui una parte è stata erroneamente anticipata. Per di più,
dal confronto con la Commedia Verter di Sografi, mancano delle Arie,
che sono andate perse. C'è un vuoto nel manoscritto tra fascicoli
diversi proprio in corrispondenza d'un Atto della Commedia di Sografi,
là dove sarebbero dovute essere l'Aria di Alberto e l'Aria
di Giorgio. Il Verter di Mayr è (purtroppo) incompleto: più
corto dei consueti modelli della farsa e di quanto ci si dovrebbe
aspettare.
Alberto personaggio principale non ha neppure un'Aria
e Verter ha solo una parvenza di Aria nel suo breve Duetto: neppure
Giorgio ha un'Aria tutta per sè (c'è anche un errore
nel testo, perchè un copista ha sbagliato a scrivere, col risultato
che una frase è incomprensibile: "... il mio cannone salva").
Camagna ha pubblicato il libretto del Verter
di Mayr così com'era, senza accorgersi degli errori, della
frase insensata e soprattutto del fatto che una scena è stata
anticipata per un errore di rilegatura, per cui risulta, alla fine
dell'Opera, che Carlotta non vuole separarsi dai figli che già
le erano stati tolti (vedi analisi grafica e testuale).
Non solo. Il Verter di Camagna ha una successione
di scene che rispetta di meno il Verter di Sografi. Camagna quindi,
rispetto al Verter di Mayr, ha aggravato gli errori nella suddivisione
delle scene.
Ma c'è un motivo ancor più cogente,
perchè il libretto del Verter, che andò in scena nel
1802 con musiche di Pucitta, non possa essere attribuito a Domenico
Camagna. Nelle Farse e nelle Commedie di Camagna i versi sono rozzi
e di qualità infima. Ciò spiega perchè Camagna
fosse così poco conosciuto.
Camagna non scrisse il Verter di Mayr semplicemente perchè
non ne sarebbe stato capace. Basta confrontare il nobile testo del
Verter con quello "sgangherato" di Teresa e Wilck, che venne
rappresentata alla Scala nell'autunno del 1807 (dopo il Verter del
1802). Camagna sfoggia per tutta l'opera parole ripetute (ad esempio
otto volte il verbo "trovare" in una sola brevissima scena),
insulsaggini ("La vista all'uom rischiara E questa cosa è
chiara" ...); rime penose ("Or vi vengo a rinserrar, Mi
potete rinserrar" ...), stiracchiate ("Voglio prendermi
gioco E farlo delirar per qualche poco" ...), dozzinali ("Ho
sudato, ho tremato, Ma il crudo destin s'è alfin placato"
...), insipide ("Punto fermo. Colui perché rideva?"
... ), di cattivo gusto specie per i doppi sensi ("Che rovina
se il marito lo giungesse a penetrar" ...), sgrammaticate ("Sento
nell'anima Sì gran dolore Che insopprimibile, Che ugual non
ha" ...). Riportiamo, solo per farsene una ragione, un esempio
del libretto, che ha l'insolita caratteristica d'essere pessimo dall'inizio
sino all'ultima scena:
CAMAGNA:
Teresa e Wilck
Scena I
William:
Via, giacché sì mi pregate
Uno sforzo far mi lice
E vo' almen per la cornice
Il ritratto anche accettar
a2
Or vi vengo a rinserrar,
Mi potete rinserrar
Che rovina se il marito
Lo giungesse a penetrar
William:
Esperta la Mozzina
Per la cornice d'oro
Il grande sforzo ho fatto
D'accettare il ritratto.
Mai più doni, sta certa ... Ecco il marito,
Questi è un argo perfetto.
Ei va frugando in tasca ... ci scommetto
Che la chiave ricerca.
Voglio prendermi gioco
E farlo delirar per qualche poco
Scena II
Leggerezza:
Ah la mia chiave
Chi l'avrà trovata
...
La chiave almeno
Fammi trovar.
William:
(Oh non la trovi al certo)
...
Che cercate?
Leggerezza:
Cerco ciò che non trovo
William:
E cosa non trovate?
Leggerezza:
Non importa
Se adesso non ritovo ... troverò!
William:
...
Una chiave?
Leggerezza:
Ti scosta, l'ho veduta
William:
Ah ah ah
Leggerezza:
Perché ridi?
William:
Senza di me trovata non l'avreste
...
Leggerezza:
Che tu possa finire come Marzia
Cioé vivo scorticato. Ohimé respiro
Per te chiave crudel, tanto ho sofferto
...
Ho sudato, ho tremato,
Ma il crudo destin s'è alfin placato
Punto fermo. Colui perché rideva?
Avrebbe forse ... Eh, taci, gelosia,
Soffistica sei troppo.
Dischiudansi le porte
E riveggiamo la fedel Consorte.
...
Scena XI
Aria di William
Il matrimonio dicesi
La vista all'uom rischiara
E questa cosa è chiara
E pura verità.
Ch'il disse non fu matto
Perché sol dopo fatto
I maritati veggono
La lor bestialità
Ma pure tutti quanti,
Non pensano così,
E veggo tanti e tanti
Sposarsi tutti i dì.
E quelli che lo fanno
Due volte e ancora tre?
Dunque non è un malanno
C'è dunque il suo perché.
Ma dove sta dov'è?
Cosa è questo perchè?
Anime innamorate
Ditelo voi per me.
Scena XIV
Aria di Guglielmina
Sento nell'anima
Sì gran dolore
Che insopprimibile,
Che ugual non ha;
Cotanto accendersi
Per un ritratto
è incompatibile
Per verità.
Geloso sembrami
Senza ragione
E troppo abusasi
Di mia bontà.
Lo sposo strepita
Per la cornice
D'un semplicissimo
Dono carissimo,
Che egual non ha.
Sul libretto del Verter del 1802 si legge il nome
di Domenico Camagna, ma Camagna non l'ha scritto. Come avrebbe potuto
comporre scene di stampo tardosettecentesco e gusto classico, con
quei rimandi perfetti a Vienna, all'ambiente tedesco, goethiano, alla
poesia di Sografi e persino con uno spunto letterario tratto dal Flauto
magico di Mozart ("Ti rivedrò" - "Auf wiedersehen"),
che non potevano essere suoi?
Verter:
A qual passo io son ridotto!
Giusto ciel mi porgi aita.
Oh si perda pria la vita,
Non si lasci il caro ben.
Ma qual speme? Io qui resto.
Qual conforto all'amor mio?
Lacerar mi sento, oh Dio,
Dalla smania il cor nel sen.
Giorgio:
Perché mai in questa sala
Stan costor di buon mattino?
Di vedermeli vicino
quando mai terminerò?
Perché vadano in malora
Qualche strada troverò.
Verter:
Si parta ad ogni costo! <ad Ambrogio>
Fa che tutto sia disposto.
Giorgio:
Qui convien scoprir terreno.
Signor Verter, padron mio!
Verter:
Deh mi lascia, oh Giorgio, addio.
Giorgio:
Così afflitto, perché mai?
Verter:
Sta mia madre male assai
e a momenti partirò.
Giorgio:
Che buon figlio! Che bel core!
Verter:
A Carlotta...
Giorgio:
Dica pure...
Verter:
Dite voi ch'io son partito,
Ma che grato, ognor nell'alma,
Sempre impressa, oh Dio, l'avrò.
Giorgio:
Sarà fatto...
Verter:
Oh momento...
Giorgio:
Eseguirò.
Verter:
Giorgio addio!
Giorgio:
Buon viaggio, signor mio!
Verter:
Mi raccomando...Addio!
Giorgio:
Servo a lei...Buon viaggio.
Verter:
Qual dolor! Ah chi sa quando
Mio caro ben ti rivedrò.
Giorgio:
Che piacer! Ah chi sa quando
mio signor vi rivedrò.
La tesi che il Verter di Mayr sia stato scritto dal
capocomico Domenico Camagna su musica di Vincenzo Pucitta, autore
di scuola napoletana, è insostenibile. Ma perchè Camagna se
n'è attribuita la paternità e proprio nel 1802?
Cercheremo di rispondere
anche a questo e di trarre le nostre conclusioni
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