Dramma in tre Atti
MILANO
Scala
16 dicembre 1922 (direttore Arturo Toscanini)
Libretto
ILDEBRANDO PIZZETTI
(Parma, 20 settembre 1880 - Roma, 14 febbraio 1968)
Musica
ILDEBRANDO PIZZETTI
(Parma, 20 settembre 1880 - Roma, 14 febbraio 1968)
Pizzetti aveva scritto lui stesso il libretto di
quest'opera tutta sua che lo occupò dal 1917 al 1921. La
genesi di Debora è in relazione con la lettura della Judith
di Hebbel che è del 1839. L’Antico Testamento è
completamente rivissuto e l’identificazione del bene e del
male è rovesciata nello scontro tra legge divina (la profetessa
Debora) e legge umana (Jaele). Alla fine del dramma Debora chiede
a Jaele se, mentre uccideva Sisera, avesse udito la voce del Signore:
"Non del tuo Dio ... - risponde Jaele - ... d’un altro
che non conosci!".
Il governo fascista applicò ai professori
del Conservatorio di Milano le norme sull'obbligo di appartenenza
al partito nazionale fascista, nonché le norme razziali antiebraiche.
Direttore dal 1923 fu Ildebrando Pizzetti, accademico d'Italia;
presidente del consiglio di amministrazione e rappresentante del
governo centrale fu Alceo Toni. Pizzetti e Toni firmarono entrambi
nel 1925 il Manifesto anti-modernista degli intellettuali fascisti:
a Bologna, la prima città ad avere un’Università
fascista, il filosofo Giovanni Gentile convocò il 29 e 30
marzo 1925 un Convegno, che radunava gli esponenti delle scienze,
delle lettere e delle arti al servizio del fascismo. I lavori produssero
questo Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali
di tutte le Nazioni, che venne pubblicato il 21 aprile Natale di
Roma. Vi si affermava la bontà del fascismo e i convenuti
furono invitati da Giovanni Gentile ad apporvi la firma. Tra questi
v'erano nomi di spicco, oltre a Pizzetti, ad esempio Luigi Pirandello,
Giuseppe Ungaretti e tanti altri.
Debora e Jaele ottenne nel 1931 il Premio Mussolini
per le Arti da una commissione di Accademici d’Italia, per
«l’elevatezza degli intendimenti artistici, la singolarità
del principio estetico informatore, la nobiltà dell’ispirazione
e dello stile, la sapienza tecnica».
Pizzetti il 17 dicembre dell'anno successivo sottoscriverà
anche il Manifesto degli intellettuali fascisti per la tradizione
dell'arte romantica dell'Ottocento: i quotidiani «II popolo
d'Italia» (Roma), il «Corriere della sera» (Milano)
e «La Stampa» (Torino) pubblicarono quel documento,
che conteneva idee xenofobe.
Il maestro Ildebrando Pizzetti eseguirà il
28 aprile 1937 un brano in onore del Duce, per l'inaugurazione di
Cinecittà, mentre si proiettava il film Scipione.
Personaggi
Debora, profetessa di Israele (Contralto, Elvira Casazza);
Jaèle, moglie del kenita Hèver (Soprano,
Giulia Tess);
Mara (Mezzo, Anna Grmegna);
il kenita Hèver (Basso, Umberto di Lelio);
Nabì, principe di Neftali (Basso; Giovanni
Azzimonti);
Baràk, capo degli eserciti israeliti (Basso,
Vincenzo Cassia);
Azriél (Tenore, Alfredo Tedeschi);
il cieco di Kinnèreth (Basso, Ezio Pinza);
Scillèm (Tenore, Luigi Cilla);
Jèsser, il pazzo (Baritono, Osvaldo Pellegrini);
un pastore (Tenore, Aristide Baracchi);
il re Sisera (Tenore, John Sample);
Talmài (Basso, Amleto Galli);
Adonisèdek (Basso; Giovanni Azzimonti);
Piràm (Tenore, Aristide Baracchi);
Jafìa (Tenore, Giuseppe Nessi);
uno schiavo (Tenore, Guido Uxa);
capitani e guardie cananei, israeliti.
La scena si svolge in Palestina nel XII secolo a.C.
Atto primo.
Nella piazza di Kedeh davanti alla casa di Baràk il popolo
ascolta la profetessa Debora. Durante la riunione giunge Mara, sconvolta
perché i Cananei hanno ucciso il padre, lo sposo e i due figli.
Il popolo inveisce contro Hèver, accusandolo di tradimento,
e contro sua moglie Jaele, da tutti creduta l'amante di Sisera. Debora
invoca la guerra contro Sisera, il re dei Cananei. Egli è protetto
da mura inespugnabili. Per metter alla prova Jaele, che si difende
disperatamente, Debora le assegna il compito di convincere il re a
guidare il suo esercito sul monte Tabor.
Atto secondo.
Sisera imprigiona Hèver, marito di Jaele, venuto a consigliargli
un'imboscata. Una donna velata (Jaele) gli consiglia di condurre l'esercito
sul Tabor, ma il tranello è scoperto da un dignitario. La donna,
messa alle strette, si vorrebbe gettare sul re per ucciderlo, ma s'accorge
d'esserne innamorata. Sisera la perdona e lei vorrebbe rimanere. Il
canto di Mara sul figlio ucciso le ricorda di non tradire il suo popolo.
Chiede di partire e il re acconsente, promettendole di raggiungerla.
Atto terzo.
Sisera è sconfitto e, unico superstite, si rifugia nella tenda
di Jaele, che è innamorata e pronta ad aiutarlo. Mara scorge
la scena e la riferisce a Debora. La profetessa ricorda a Jaele il
patto con Dio e le ordina di consegnarle Sisera. Jaele reagisce offrendo
la propria vita in cambio di quella dell'amato, poi, sentendo il popolo
inferocito, l'uccide nel sonno, per risparmiargli una fine atroce.